Da Cispel l’analisi dell’ultimo rapporto Ispra Rifiuti urbani, ecco quali sono le principali sfide da affrontare in Toscana

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Da Cispel l’analisi dell’ultimo rapporto Ispra Rifiuti urbani, ecco quali sono le principali sfide da affrontare in Toscana

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Da Cispel l’analisi dell’ultimo rapporto Ispra

Rifiuti urbani, ecco quali sono le principali sfide da affrontare in Toscana

Il mix toscano è composto per circa il 50% di riciclo, 12% fra incenerimento e coincenerimento, 37% discarica e 1% export

Di Nicola Perini

La pandemia ha prodotto i suoi effetti sulla gestione dei rifiuti urbani, in Italia ma anche in Toscana. Il quadro del primo anno di emergenza sanitaria, il 2020, ce lo fornisce Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale del ministero della Transizione ecologica, nel suo rapporto annuale sui rifiuti urbani.

Prima di tutto si riduce, non poco, la produzione complessiva dei rifiuti urbani. In Toscana nel 2020 siamo arrivati a 2,154 milioni di tonnellate, 123.000 tonnellate in meno del 2019, un calo di oltre il 5%, superiore alla media nazionale, che registra un calo del 3,6%. Dato confermato dalla produzione per abitante: la Toscana scende finalmente sotto la soglia dei 600 kg/ab/anno, con un valore di 587 (era 617 nel 2019).

La riduzione della produzione totale di rifiuti urbani in Toscana è sicuramente collegata alla riduzione del flusso di rifiuti assimilati provenienti da attività economiche che hanno subito chiusure o rallentamenti nel periodo del lockdown, e solo parzialmente compensata da un probabile aumento della produzione di rifiuti domestici.

La pandemia ha prodotto effetti anche sui livelli di raccolta differenziata. È aumentata la percentuale, arrivata al 62,1%, quindi ormai vicina al target del 65% previsto dalla legge; un aumento rispetto al 2019, che si attestava sul 60,2%, di quasi due punti in più. Più o meno in linea con la dinamica nazionale e delle regioni del nord.

Buono invece il risultato quantitativo in valore assoluto, anche se in calo rispetto al 2019. La Toscana si colloca al terzo posto in Italia per quantità ad abitante di raccolta differenziata: 365 kg/ab/anno, dietro solo all’Emilia Romagna e alla Valle d’Aosta, e davanti alle principali regioni storicamente virtuose come la Lombardia, il Veneto ed il Trentino. Si tratta di 1,340 milioni di tonnellate, erano 1,370 nel 2019.

Ancora diversificato l’andamento delle raccolte differenziate nelle diverse province: in testa alla classifica Lucca con il 76,6%, in fondo Grosseto con 45,7%. Buono il risultato della città metropolitana di Firenze, con un tasso di differenziata del 67,6%, che la colloca nelle migliori quattro aree metropolitane insieme a Milano, Venezia e Cagliari. Nel complesso, le zone che negli ultimi anni presentavano dati bassi di raccolta differenziata stanno rapidamente migliorando. Anche questa riduzione in valore assoluto delle raccolte differenziate sembra collegata alla riduzione di conferimenti delle utenze non domestiche e all’indicazione sanitaria per gli utenti Covid-19 di non svolgere più queste raccolte e gettare tutto nell’indifferenziato.

Il rapporto Ispra non fornisce dati sul tasso di riciclo, che è ragionevole stimare nel 45-48% del totale dei rifiuti urbani, una buona base di partenza per il raggiungimento dell’obiettivo europeo del 65% al 2035.

Mentre la struttura industriale toscana per i rifiuti secchi (imballaggi, ingombranti) appare matura ed in salute, criticità evidenti sono presenti nella filiera di gestione della frazione organica. Gli impianti di compostaggio sono 18 e trattano circa 322.000 tonnellate di organico a fronte di una raccolta differenziata di frazione organica pari a 536.000 tonnellate, con un gap di oltre 215.000 tonnellate che vengono esportati fuori regione.

Questa debolezza del compostaggio è aggravata dalla mancanza di evoluzione tecnologica dell’impiantistica: in Toscana esiste nel 2020 un solo digestore anaerobico per 45.000 tonnellate gestite. Un ritardo tecnologico che potrebbe essere rapidamente colmato se tutti i progetti esistenti proposti dai gestori toscani si realizzassero rapidamente, anche grazie ai fondi Pnrr.

Il flusso di rifiuto indifferenziato toscano viene interamente conferito a Tmb ed in piccola quota ad inceneritori, che gestiscono rifiuto tal quale e non trattato. I Tmb operativi sono 14, autorizzati per 1,5 milioni di tonnellate ma utilizzati solo per 864.000 (nel 2019 erano 975.000). Una tecnologia di gestione che da anni subisce una riduzione collegata all’aumento dei tassi di raccolta differenziata e destinata quindi ancora a ridursi, con un evidente problema di decommissioning di molti di questi siti oppure di loro trasformazione.

Si tratta di una tecnologia intermedia che genera prevalentemente flussi in uscita a discarica, solo in parte avviati a recupero energetico e esportati all’estero (Olanda, Bulgaria) per circa 7000 tonnellate ad incenerimento e coincenerimento.

Gli impianti di incenerimento attivi in Toscana nel 2020 sono quattro, erano sette nel 2013. La Toscana ha avviato da anni un processo di chiusura degli impianti di incenerimento, forma di gestione che copre nel 2020 solo 213,000 tonnellate (il 10% del totale), di cui 131.000 di frazione secca in uscita da Tmb e 82.000 di tal quale. In Toscana opera un solo impianto di coincenerimento, per 25.000 tonnellate trattate.

Preoccupante il dato delle discariche toscane. Nel 2020 sono stati avviati a questa forma di smaltimento 785.000 tonnellate di rifiuto trattato – nel 2019 erano 769.000, nel 2018 743.000 –, con un aumento costante di alcuni punti percentuali. Un dato in controtendenza con la dinamica media nazionale e soprattutto incoerente con gli obiettivi europei. Il dato percentuale è pari al 30% del totale dei rifiuti, ma si tratta di un valore che con considera gli scarti del riciclaggio (che il rapporto Ispra non considera), e che porterebbe il dato toscano almeno al 37% del totale dei rifiuti urbani.

Un valore allarmante, collegato alla costante riduzione del recupero energetico: abbiamo chiuso inceneritori e aumentato l’uso della discarica. Conseguentemente, i volumi residui delle discariche esistenti si stanno consumando più rapidamente del previsto.

Venendo all’export, la Toscana esporta nel 2020 circa 20.000 tonnellate di rifiuti urbani trattati, pari all’1% del totale. Il mix di gestione toscano quindi è il seguente: 50% riciclo, 12% fra incenerimento e coincenerimento, 37% discarica e 1% export.

Infine i dati di costo del servizio complessivo di gestione dei rifiuti: la Toscana presenta un valore di costo di circa 400 euro a tonnellata, contro una media nazionale di 376. Valore più alto di quello del nord Italia (327) ma più basso del valore del centro (419) e del sud (439). Si conferma un dato per cui la Toscana si colloca come la regione peggiore del nord e migliore del centro-sud. Il costo complessivo del servizio in Italia e anche in Toscana è aumentato rispetto al 2019, anche a seguito dei maggiori costi della raccolta presso utenti Covid-19 e dei sistemi di protezione e sanificazione.

In sintesi la Toscana sta raggiungendo, lentamente, i target di raccolta differenziata e riciclo, con una debolezza nella filiera della frazione organica. Ma la gestione dei rifiuti indifferenziati e degli scarti del riciclo è ancora affidata prevalentemente alla discarica, che registra un costante aumento negli ultimi anni anche a seguito di una continua e progressiva riduzione del recupero energetico, vera criticità del sistema regionale.

Un quadro che deve essere la base del prossimo Piano regionale sull’economia circolare, che deve affrontare e risolvere le criticità messe in luce da Ispra nel suo rapporto e che il sistema toscano delle aziende di igiene ambientale affronta quotidianamente con impegno e professionalità.

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