Il nuovo Piano rifiuti toscano ancora non c’è, ma in Consiglio regionale è già bagarre

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Il nuovo Piano rifiuti toscano ancora non c’è, ma in Consiglio regionale è già bagarre

Monni: «L’obiettivo è quello di puntare non solo all’autosufficienza della Regione, ma deve essere un’opportunità incredibile per il nostro territorio»

Di Luca Aterini

Nella giornata di ieri il Consiglio regionale della Toscana ha respinto a maggioranza (a favore Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, M5s e gruppo Misto – Toscana Domani; contrari Pd e Italia Viva) la questione pregiudiziale e successivamente la richiesta di sospensiva sollevate in merito all’informativa della Giunta sul Piano dei rifiuti dal consigliere Alessandro Capecchi (FdI), il quale ritiene che «la procedura che la Giunta sta seguendo per l’avvio del Piano dei rifiuti sia in contrasto con l’art 48 dello Statuto».

Secondo il presidente della Giunta Eugenio Giani, invece, gli argomenti proposti dalle opposizioni «vanno nel senso di una procedura ostruzionistica su un atto così importante come il Piano dei rifiuti», ma la frattura sembra ancora lontana dal ricomporsi: «Nelle prossime ore e nei prossimi giorni valuteremo se e quali ulteriori azioni intraprendere», afferma Capecchi a nome delle opposizioni. Che nel frattempo hanno abbandonato l’aula del Consiglio, prima che l’assessora all’Ambiente Monia Monni presentasse stamani l’informativa oggetto del contendere.

«Noi – ha spiegato Monni – avviamo oggi la vera e propria elaborazione del Piano, che terrà conto delle indicazioni che esprimerà il Consiglio, e lavorerò per inviarvi la proposta prima della pausa estiva, in modo che possiate dare inizio all’iter di adozione e approvazione».

Gli obiettivi generali del nuovo Piano rifiuti e bonifiche (Prb) sono strettamente legati al raggiungimento degli obiettivi indicati dall’Ue (e recepiti dall’Italia nel 2020) nell’ultimo pacchetto normativo sull’economia circolare, prevalentemente incentrato sui rifiuti urbani.

Nel corso l’informativa, come riassumono dal Consiglio regionale, l’assessore Monni ha indicato in primis la necessità di «ridurre la produzione dei rifiuti», oltre al «miglioramento quali-quantitativo delle raccolte differenziate e quindi il raggiungimento dell’80-85% nel 2035 (oggi al 62,12%, ndr) per raggiungere l’obiettivo del 65% di riciclo di materia» (oggi stimato attorno al 43–50%), e al contempo non superare «la soglia massima del 10% di smaltimento degli urbani» in discarica (oggi al 37%).

«Non è un’operazione che si fa in un giorno – ha sottolineato Monni – e su questo occorre essere chiari, è un’operazione che richiede tempo e ci sarà una fase di transizione durante la quale saranno realizzati i nuovi impianti, che richiederà di continuare a usare le discariche. Nel Piano che proporremo è prevista una riduzione progressiva delle discariche, misurata sulle reali necessità della nostra Regione».

Rimanendo all’interno di questi range, risulta dunque evidente come il 25% circa dei rifiuti urbani dovrà comunque essere indirizzato a forme di recupero diverse dal classico riciclo meccanico, ma dal Consigliano sottolineano che «resta ferma la decisione “no a nuovi termovalorizzatori”: a questi impianti, caratterizzati da tecnologie in linea con la gerarchia europea in termini di recupero energetico attualmente presenti in Toscana, si affiancheranno soluzioni che sfruttano tecnologie alternative e che minimizzano l’emissione di CO2 in atmosfera», ovvero quelle tecnologie di riciclo chimico – presentate lo scorso autunno dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa insieme a NextChem – che stanno conquistando un crescente interesse tra sindacati e ambientalisti, e che rappresentano la novità più attesa all’interno dell’avviso pubblico bandito dalla Regione proprio per raccogliere manifestazioni d’interesse sul piano impiantistico.

Si tratta di «un coinvolgimento dei territori che non è una delega, ma un modo di ascoltare le loro proposte per affrontare insieme la transizione ecologica», secondo Monni. Di certo rappresenta anche un’iniziativa per provare a non far incagliare di nuovo il Prb, dopo che il vecchio Piano rifiuti e bonifiche non ha centrato nessuno dei principali obiettivi che si era dato, in larga parte proprio per la difficoltà riscontrata nel saper spiegare e realizzare i nuovi impianti necessari a gestire i nostri rifiuti.

«L’obiettivo del Piano regionale su rifiuti e bonifiche – ha concluso Monni – è quello di puntare non solo all’autosufficienza della Regione, che è l’obiettivo minimo, ma deve essere un’opportunità incredibile per il nostro territorio per creare le condizioni per uno sviluppo che sia davvero rispettoso delle risorse del pianeta, dando anche un contributo alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro, offrendo anche alle cittadine e ai cittadini trasparenza e sicurezza nella gestione dei rifiuti, oltre che tariffe stabili. Sarà un Piano dei rifiuti ampiamente condiviso che avrà nella commissione Ambiente e territorio, presieduta da Lucia De Robertis, il suo cuore e il suo motore».

In tutto questo sembra però restare ancora una volta ai margini la gestione dei rifiuti speciali, compresi i rifiuti inevitabilmente derivanti dalla gestione di altri rifiuti, nonostante in Toscana si generino ogni anno “solo” 2,15 mln di ton di rifiuti urbani a fronte 10,1 mln ton di rifiuti speciali, senza dimenticare che, prima dell’ultimo cambiamento normativo, la frazione nota come “rifiuti speciali assimilati” arrivava a comporre fino alla metà dei rifiuti urbani; ancora oggi buona parte dei rifiuti speciali che finiscono in discarica sono costituiti da rifiuti urbani, dopo esser stati lavorati in appositi impianti come i Tmb.

Perché dunque continuare a mantenere l’attenzione prevalentemente sugli urbani? Vero è che “solo” i rifiuti urbani ricadono nell’ambito della privativa comunale e dunque la loro gestione è (su base diretta o tramite affidamento) in capo alla mano pubblica, mentre i rifiuti speciali sono di norma affidati al mercato. Ma tutta l’infrastruttura impiantistica per la loro gestione, dal riciclo al recupero energetico allo smaltimento, è soggetta e dunque dipende dalle autorizzazioni regionali.

Nel merito è dunque utile ricordare che per soddisfare gli obiettivi Ue sugli urbani al 2035 si stima manchino alla Toscana impianti per gestire ben 1 milione di tonnellate di rifiuti l’anno – con 447mila ton/a legate al solo recupero energetico –, con importanti aggravi di costo che impattano sulla Tari pagata dai cittadini, ma nel frattempo già oggi non trovano adeguata collocazione almeno 338mila ton/a di rifiuti speciali.

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