L’Italia e l’ambiente: il valore incalcolabile del capitale natura

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L’Italia e l’ambiente: il valore incalcolabile del capitale natura

Il Sole 24 Ore

L’Italia e l’ambiente: il valore incalcolabile del capitale natura

Ecologia. Gli studi cercano di contabilizzare i servizi offerti all’uomo dall’habitat. I danni arrecati e i rimedi per dare guarigione all’ambiente della Penisola: dai riciclo alle fonti rinnovabili d’energia

Jacopo Giliberto

Oggi è la Giornata mondiale della Terra, cinquantunesima edizione della celebrazione istituita dall’Onu nel 1970. La Terra ferita, la Terra malata da questa multiforme peste che siamo noi disgraziatissima specie umana. In Italia oggi l’Earth Day prevede decine di eventi tra cui spiccano quelli dell’organizzazione ufficiale One People One Planet con un palinsesto di 13 ore di streaming diretto da Gianni Milano sul canale televisivo digitale RaiPlay e un’infinità di eventi.

Ma dietro l’ufficialità c’è la sostanza. E la sostanza dice che non solamente nel mondo ma anche in Italia noi, noi 60 milioni di sciagurati esseri umani che calpestiamo la Penisola, combiniamo sì disastri ma al tempo stesso siamo anche quella strana specie animale capace di rammendare gli strappi.

Lo stato di salute ambientale

In Italia la malattia del Pianeta si misura con la Relazione sullo Stato dell’Ambiente, una lastra radiografica per guardare attraverso la parte ambientale del Paese. È un documento ponderoso di 188 pagine fitte di dati con cui il ministero dell’Ambiente-Transizione ecologica nel 2009, nel 2016 e nel 2020 ha messo a sistema la mole immensa di dati raccolti in ogni regione dalle Arpa e rielaborati dall’Ispra. Ma un esame diagnostico più raffinato è la quarta edizione del Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale appena chiuso da un comitato di 11 ministeri e una ventina di istituzioni di altissimo rilievo sotto la presidenza del ministro Roberto Cingolani e con la segreteria di Eugenio Duprè del ministero della Transizione ecologica.

Questo rapporto dice che le risorse più importanti non vengono contabilizzate dal punto di vista economico.

Quanto valgono l’aria che ci entra nei polmoni a ogni sospiro e l’acqua? Quanto valgono beni materiali come le foreste e immateriali come la forma del paesaggio? E quanto le minuscole api operose che impollinano i frutteti e le altre colture? Questi sono capitali naturali che usiamo, che a volte sprechiamo e dissipiamo, ai quali non siamo capaci di assegnare un valore economicamente misurabile.

Nel Rapporto sono stati analizzati 12 “servizi ecosistemici” (fornitura di legno, agricoltura, pesci, disponibilità di acqua, impollinazione, regolazione del rischio di allagamento, protezione dall’erosione, regolazione del regime idrologico, purificazione delle acque da parte dei suoli, qualità degli habitat, sequestro e stoccaggio di carbonio, turismo ricreativo) e la loro variazione fra il 2012 e il 2018. E il bilancio segna passività. Sono diminuiti molti dei “servizi ecosistemici” e i loro valori economici: 72 milioni di metri cubi in meno di acqua ricaricata in acquiferi, 146 milioni di euro persi per l’erosione dei suoli, quasi 2,5 milioni di tonnellate di perdita di carbonio immagazzinato nella vegetazione e nel suolo a causa della variazione di uso e copertura del suolo (perdita economica stimabile tra 491 e 614 milioni di euro).

Terapie per risanare l’ambiente

Gli stessi italiani che tormentano in mille modi la natura che li circondano sono i medici che cercano di tutelarla, spesso invano. Quando i cittadini dividono la carta dalla plastica e dagli scarti alimentari compiono un gesto di difesa dell’ambiente, un gesto minuscolo singolarmente ed enorme collettivamente. Nel 2020, mentre la domanda e la produzione elettriche precipitavano per le pesanti misure sanitarie, le fonti rinnovabili di elettricità salivano dell’1% a 113 miliardi di chilowattora (dato Terna).

A volte non ci rendiamo conto del beneficio di alcune nostre azioni inconsapevoli. L’abbandono delle campagne generato dall’agricoltura moderna, che chiede poche persone e poca terra pianeggiante per produrre più derrate, ha lasciato in mano alla natura le colline prima coltivate intensamente e poveramente. In 70 anni le foreste italiane hanno riconquistato 12 milioni di ettari, il 40% dell’Italia. E i nuovi alberi assorbono dall’aria e trasformano in legno ogni anno 46,2 milioni di tonnellate di anidride carbonica.

Il mondo dell’industria e della finanza, spinte dai cittadini-consumatori-investitori, stanno spostando i flussi di denaro e di intelligenze verso la sostenibilità. Turbine eoliche galleggianti, carne prodotta in laboratorio, diesel ottenuto dai grassi. Alcune imprese hanno trovato nella lotta al cambiamento climatico una formidabile occasione di innovazione e di crescita.

Lunedì la Cerved ha presentato il Rapporto Italia Sostenibile e ha osservato che questo flusso di denaro coinvolge i colossi, finanzia le starup, sostiene gli “unicorni”, ma vola alto sulle piccole e medie imprese senza nemmeno sfiorarle, lasciandole fuori da quella trasformazione verde che, sottolinea un’analisi di Boston Consulting Bcg, avranno ricadute positive su innovazione e ritorni.

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