Sui rifiuti la chiave è l’autosufficienza ma servono i fatti

La raccolta differenziata è ormai vicina al 60 per cento
4 Marzo 2022
Così al Picchianti si produrrà il biometano da fanghi del Rivellino e scarti della tavola
5 Marzo 2022
Mostra tutti gli articoli

Sui rifiuti la chiave è l’autosufficienza ma servono i fatti

Corriere Fiorentino

Ambiente e sviluppo

Sui rifiuti la chiave è l’autosufficienza ma servono i fatti

di Nicola Perini*

Caro direttore,

la Toscana è a un bivio nella gestione dei rifiuti: o decide di fare gli impianti che servono o pagherà cari i costi del non fare. È tempo di mettere in atto ciò che è necessario, non più e non solo quello che è possibile, è questo il senso dello studio di Ref Ricerche promosso da Confservizi Cispel Toscana e Confindustria Toscana e presentato a Firenze in Consiglio regionale lo scorso primo marzo. La proposta delle due associazioni alla Regione e ai territori è basata sui numeri contenuti nello studio: la Toscana deve colmare un ritardo nella dotazione impiantistica, sia per il riciclo (digestori anaerobici, piattaforme) sia per chiudere il ciclo della gestione di rifiuti urbani e speciali (recupero energetico, riciclo chimico, discariche).

Se non lo farà nei prossimi mesi ed anni pagherà un costo salato: un aumento di prezzi e tariffe stimato in 36,5 milioni di euro l’anno se dovessimo esportare i rifiuti invece che trattarli in Toscana, oltre a un raddoppio dell’anidride carbonica prodotta — un colpo per il programma di decarbonizzazione regionale — e alla costante instabilità di un settore vitale per la competitività della regione in comparti produttivi chiave.

L’obiettivo è azzerare l’esportazione di rifiuti urbani e speciali fuori regione, o peggio fuori Italia, fare tutti gli impianti necessari e ridurre l’uso della discarica al 10% al 2035, come previsto dalle direttive europee. Decidere di non esportare più rifiuti e di non farlo in futuro è anche una scelta di rispetto per gli altri territori. Non è giusto scaricare altrove rifiuti prodotti da noi, e non ha senso non tenersi in casa un’occasione di sviluppo green, stimata da Ref in investimenti aggiuntivi tra gli 800 e i 900 milioni di euro, un contributo dell’1,2% alla crescita del Pil regionale e circa 2.500 posti di lavoro qualificati.

La parola chiave che sintetizza il tutto è autosufficienza. Tutti gli attori principali di questo processo, a riguardo, sono d’accordo: Giunta e Consiglio regionale con i gruppi di maggioranza e opposizione, Anci Toscana in rappresentanza dei territori, Confservizi e Confindustria a nome delle imprese. Un coro unanime di consenso per un obiettivo raggiungibile. Alle parole dovranno però seguire i fatti: condividere le scelte tecnologiche e localizzative, coinvolgere territori e cittadini e semplificare le procedure di autorizzazione.

Le aziende stanno facendo la loro parte. Il 14 marzo scadono i termini per presentare i progetti sul bando del ministero della Transizione ecologica dedicato all’economia circolare, e insieme alle Ato e alla Regione, le aziende toscane stanno avanzando proposte per una cinquantina di progetti e 400 milioni di euro di investimenti. Progetti esecutivi entro il 2023 con impianti operativi entro il 2025/26.

Sempre il 14 marzo scadono i termini per la presentazione dei progetti sull’avviso pubblico regionale per gli impianti necessari. Le aziende stanno lavorando a pacchetti di proposte tecnologicamente avanzate, ambientalmente sostenibili, finanziabili e realizzabili.

Proposte frutto di un grande lavoro di progettazione e di ricerca, che potrebbero garantire l’autosufficienza regionale. Per fare tutto in pochi anni servirà, insieme a tutti i fattori già citati, un forte ruolo di regia pubblica della Regione. Tutto questo dovrà stare dentro il nuovo Piano regionale sull’economia circolare, il cui iter è stato avviato da pochi giorni in Consiglio.

I rischi del non fare sono elevatissimi, ce lo insegna l’attuale crisi energetica nazionale: dipendere dall’esterno significa rischiare aumenti di prezzo, crisi del sistema, instabilità, scarsa competitività. Un rischio che nell’energia e nei rifiuti non possiamo correre, e che rappresenta anche un primo banco di prova della recente modifica costituzionale che ha posto l’ambiente al centro dei principi fondamentali della nostra Repubblica. Sostenibilità e transizione ecologica ed energetica si raggiungono facendo infrastrutture, opere ed impianti che sono necessari, non bloccando ogni innovazione e attività industriale ambientalmente compatibile lasciando prevalere l’inerzia e le logiche Nimby (non nel mio giardino) ma anche Nimto (non nel mio mandato).

* presidente Cispel Confservizi

Chiamaci
Raggiungici