Campania, e l’organico dove lo metto? Raccolta boom ma impianti solo al nord

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Campania, e l’organico dove lo metto? Raccolta boom ma impianti solo al nord

Greenreport
Il report dell’Arpa regionale disvela il segreto di Pulcinella

A fronte di 662.240 tonnellate di frazione organica raccolte in modo differenziato ben 402.000
tonnellate vanno fuori regione
La raccolta differenziata della frazione organica – o meglio la successiva gestione di quanto raccolto – è uno
degli anelli deboli del sistema italiano, in quanto sconta vari aspetti critici a partire dalla qualità del prodotto
raccolto, al costo del trattamento, alla penuria di impianti, che come tutti gli altri si trovano soprattutto al nord.
In Campania la situazione è deprimente, come ha certificato l’Arpa nell’ultimo report relativo ai dati regionali
del 2018: a fronte di 662.240 tonnellate di frazione organica raccolte nell’ambito dei sistemi di raccolta
differenziata dei comuni, circa il 74% della frazione organica è avviata a recupero in impianti localizzati in
altre regioni.
Greenreport ne ha già parlato, ed è un problema che a macchia di leopardo riguarda tutto il territorio
nazionale, ma che in Campania è assai più vasto che altrove. Cerchiamo allora di capire cosa succede e
perché: Arpa spiega innanzitutto e con dovizia di particolari qual è la strada della raccolta differenziata dei
rifiuti organici che “dovrebbe permettere, oltre al recupero di significative quantità di rifiuti, anche la
produzione di risorse preziose, a beneficio degli attori locali, quali l’energia rinnovabile sotto forma di
elettricità, calore e/o biometano”. E aggiunge: “Sebbene per la frazione organica avviata a compostaggio
non si possa assumere né il principio di autosufficienza a livello di Ambito territoriale ottimale (Ato), né
l’autosufficienza a livello regionale, in quanto per le raccolte differenziate avviate a recupero valgono le
regole del libero mercato, è indubbio che vada incentivato e perseguito il principio di prossimità”.
La carenza impiantistica ha tuttavia una ulteriore singolarità: complessivamente sono 66 gli impianti di prima
destinazione della frazione organica utilizzati nel corso del 2018 situati in Campania, impianti che hanno
complessivamente gestito 573.906 tonnellate delle 662.240 tonnellate di rifiuti identificati con i CER 200108
e 200201 raccolti dai Comuni. Gran parte dei flussi (il 98,7%) in realtà transita in 20 principali piattaforme
delle 66.
Ma solo 88.334 tonnellate vengono avviate fuori regione direttamente dai Comuni campani, principalmente
verso il Veneto (in provincia di Padova) e in gran parte dal solo comune di Napoli con circa 69.000
tonnellate. Quindi l’86,7% dei rifiuti raccolti viene avviato in impianti di gestione dei rifiuti campani per poi
essere in buona parte trasferito fuori regione. A valle degli impianti campani – spiega ancora la nota
dell’Arpa – complessivamente vengono avviati fuori regione circa 402.000 tonnellate, in gran parte in
provincia di Padova (37%) e nelle province di Foggia (9%) e Bergamo (7,5%).
Chiaro? Prima passano da un impianto campano e poi prendono la via del nord. I costi ambientali? Enormi,
ma non vengono contabilizzati nel report dell’Arpa che pur legge in modo assai critico la situazione.
E veniamo alla situazione dei 6 impianti di compostaggio e digestione anaerobica esistenti in Campania: nel
corso del 2018 solo 3 erano attivi e hanno gestito complessivamente 131.715 tonnellate di cui 101.592
provenienti dalla raccolta differenziata dei Comuni. Il dato segna un incremento della gestione di tale
tipologia di rifiuti in ambito regionale rispetto agli anni passati grazie soprattutto a iniziative di investitori
privati.
L’analisi del bilancio di materia regionale – prosegue l’Arpa – ad ogni modo evidenzia un deficit di
trattamento per cui risulta necessario dotare la Regione Campania di ulteriore impiantistica per una
potenzialità complessiva di circa 440.000 tonnellate annue.
E come si può rimediare a questa situazione? Se ne parla da anni: questo deficit impiantistico, conclude
l’Arpa, potrà essere soddisfatto mediante la realizzazione di ulteriori impianti di iniziativa pubblica – come
quelli programmati presso gli impianti di TMB (trattamento meccanico biologico) – o privati nei siti indicati dai
Comuni che hanno aderito alla manifestazione di interesse pubblicata dalla Regione Campania il 12 maggio
2016. Alla manifestazione di interesse hanno presentato candidature le Amministrazione comunali e le
Società provinciali che gestiscono gli impianti TMB. La dotazione impiantistica prevista all’esito
dell’attuazione dei programmi sopra indicati potrà essere ulteriormente integrata con quella derivante da
iniziative promosse dall’imprenditoria privata.

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