Decreto Semplificazioni, un’occasione persa per End of waste e riciclo rifiuti

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Decreto Semplificazioni, un’occasione persa per End of waste e riciclo rifiuti

Greenreport

L’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi: «Come mai non è stata dedicata alcuna attenzione alla
semplificazione del riciclo dei rifiuti?»
«Nel pacchetto per il rilancio dell’economia è stata dedicata grande attenzione alle semplificazioni, con
numerose nuove norme che investono quasi tutti i procedimenti amministrativi. Come mai non è stata
dedicata invece alcuna attenzione alla semplificazione del riciclo dei rifiuti?». A chiederselo è Edo Ronchi,
già ministro dell’Ambiente che con l’omonimo decreto del 1997 ha imposto una svolta al settore e oggi è alla
guida della Fondazione per lo sviluppo sostenibile.

Il dito, ancora una volta, va nella piaga dell’End of waste, ovvero la disciplina giuridica riguardante la
cessazione della qualifica di rifiuto al termine di un processo di recupero: un passaggio indispensabile
affinché i materiali riciclati possano effettivamente tornare sul mercato.
Per superare lo stallo che aveva messo in allarme tutto il mondo dell’economia circolare italiana a partire
dalla nota sentenza 28 febbraio 2018 n. 1229 emessa dal Consiglio di Stato, dal Governo la soluzione – non
senza difficoltà – è arrivata attraverso il decreto sulle Crisi aziendali, poi convertito dalla legge n. 128 del 2
novembre 2019. Ma in realtà ancora oggi sono molti i nodi rimasti scoperti.
«Le modalità vigenti in Italia per la regolazione End of waste – ricorda al proposito Ronchi – sono due: quella
dei decreti ministeriali e quella delle autorizzazioni regionali, caso per caso. La via dei decreti ministeriali è
stata resa in Italia lunga e complicata: l’iter dell’ultimo decreto del Ministero dell’ambiente sul riciclo della
gomma vulcanizzata granulare degli pneumatici, in attesa di pubblicazione, è durato 6 anni. Ve ne sono ora
in lista d’attesa altri 15, alcuni da un bel po’ di anni: il decreto per il riciclo dei rifiuti da costruzione e
demolizione, quello per il riciclo della carta da macero, quello del pastello di piombo, dei rifiuti di gesso, dei
rifiuti inerti da spazzamento strade, del pulper, quello relativo a bioremediation e soil washing per il recupero
dei terreni sottoposti a bonifica, per gli oli alimentari esausti, per il vetro sanitario, per i fanghi da forsu e per
la produzione di olii, per il vetroresina, per le plastiche miste con recupero meccanico, per le plastiche miste
con recupero chimico, per le ceneri da altoforno e per i residui da acciaieria. Salvo i primi due che hanno già
atteso per anni, con le procedure attuali chissà quando gli altri decreti arriveranno in Gazzetta».
Di fatto dunque la strada per chiudere il cerchio delle normative End of waste è ancora molto lunga: negli
ultimi sette anni sono solo tre i decreti ministeriali finora emanati nel merito (compreso quello sui Pfu).
«La legge 128 del novembre dello scorso anno – continua Ronchi – ha stabilito che le Regioni, nei casi non
regolati a livello europeo o con decreto nazionale, possano autorizzare, caso per caso, attività di riciclo che
comportino la cessazione della qualifica di rifiuto, applicando le condizioni e i criteri dettagliati stabiliti da una
direttiva europea. La nuova legge, oltre a fare così un passo avanti, ne ha fatto però anche uno indietro: ha
aggiunto ai controlli ordinari già vigenti su tali autorizzazioni e sul loro rispetto, un ulteriore regime, speciale e
macchinoso, di controlli di secondo livello. Tale nuovo regime – non previsto dalla direttiva europea in
materia, né da altri Stati europei e senza precedenti in Italia – anziché semplificare, rende le autorizzazioni
per le attività di riciclo più complicate di quelle per lo smaltimento dei rifiuti. L’autorizzazione End of waste
rilasciata dalla Regione, con queste norme, viene, infatti, sottoposta, a campione, a un ulteriore complessa e
lunga verifica che potrebbe portare a un suo annullamento, generando incertezza sull’efficacia delle
autorizzazioni rilasciate, allungando i tempi e scoraggiando, anziché promuovere, nuovi investimenti».
Dopo le imprese di settore lo stesso Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa), del resto, a
inizio anno ha messo in evidenza i grandi problemi di una procedura così barocca per l’End of waste. In
quell’occasione il Snpa ha definito «critico» il sistema dei controlli ambientali che la legge 128 delinea, a
causa di «un approccio eccessivamente burocratizzato. Sotto questo profilo pertanto la norma non pare
rispondere in pieno a quella richiesta “di certezza delle regole” avanzata da più parti». Eppure dopo oltre sei
mesi questa spinta all’eccessiva burocratizzazione non è stata ancora intaccata, lasciando presagire ulteriori
difficoltà.
Come sottolinea Ronchi infatti «queste norme (come si evince chiaramente dalle Linee guida applicative
pubblicate dal sistema Snpa-Ispra e Arpa) attribuendo a un organo tecnico-strumentale – Ispra e Arpa – la
possibilità di contestare una decisione politica-amministrativa delle Regioni e di proporne l’annullamento al
Ministero dell’ambiente, generano anche potenziali conflitti con le Regioni e alimentano ricorsi ai Tar».

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