Ecoballe in mare Da oggi il recupero dopo l’incidente di cinque anni fa

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Ecoballe in mare Da oggi il recupero dopo l’incidente di cinque anni fa

Il Tirreno

Quaranta. Sono le ecoballe disperse da cinque anni sul fondale in prossimità dell’isolotto di Cerboli dal cargo IVY. Oggi il numero potrebbe iniziare a scendere e non per il frutto del caso, quando sono finite nel sacco delle reti di pescherecci o spiaggiate. Il Gruppo operativo subacquei della Marina Militare, tre unità navali specializzate, e gli assetti della Guardia costiera iniziano le operazioni di recupero. Il cacciamine Rimini arrivato nel golfo di Follonica la sera del 5 agosto scandaglia il fondale alla ricerca delle ecoballe. L’area da verificare è nota. Le precedenti attività di ricognizione effettuate dalla Guardia costiera hanno permesso di circoscriverla e di identificare la posizione di 28 delle 40 ecoballe disperse, più alcuni bersagli, per dirla in gergo militare, che devono essere ancora verificati. C’è da evitare immersioni a vuoto, considerando i naturali spostamenti dovuti ai movimenti marini degli ultimi mesi.Posizione e profondità vengono segnalate ai palombari del Gruppo operativo subacquei (Gos) del Comando subacquei e incursori (Comsubin), a cui è affidato il recupero attraverso una particolare procedura che dovrebbe limitare al massimo la dispersione di materiale. Si tratta di blocchi di grosse dimensioni, circa un metro cubo, in cui si compattano i rifiuti solidi urbani una volta trattati perché diventino combustibile solido secondario, in particolare quelli a base di materie plastiche, vengono ridotti in pezzi, quindi aggregati e compattati in strati di pellicola plastica, le ecoballe appunto.Le operazioni subacquee prevedono due fasi d’intervento. La prima per profondità di lavoro inferiori ai 60 metri, prevede immersioni in libera dei palombari del Gos attraverso il supporto di nave Tedeschi che, per l’occasione, ha imbarcato una camera di decompressione per garantire lo svolgimento delle attività in piena sicurezza. La seconda fase sarà svolta nei fondali superiori ai 60 metri di profondità grazie all’ausilio di nave Anteo che, attraverso le proprie apparecchiature subacquee per immersione profonda e alla tecnica dell’immersione in saturazione, permetterà agli operatori di Comsubin di concludere il lavoro recuperando le rimanenti ecoballe rinvenute in alto fondale. Oltre a quelle che per le condizioni di conservazione, dopo cinque anni sul fondale, necessitano di particolari accorgimenti per riportarle in superficie evitando che si sfaldino.Una volta giunte in superficie le ecoballe verranno imbarcate su nave Caprera che provvederà a contenerle a bordo fino alla loro consegna all’impresa individuata dal Coordinatore degli interventi di recupero per il loro smaltimento, attività quest’ultima di competenza della Regione Toscana. La Guardia costiera garantirà la necessaria cornice di sicurezza della navigazione nell’area delle operazioni con l’impiego di proprie unità navali. Tra l’altro è del 5 agosto l’ordinanza che stabilisce l’interdizione al transito marittimo, pesca e ogni attività subacquea e diportistica fino al 31 agosto in questo specchio d’acqua a circa 5 miglia da Piombino.A Piombino è stato aperto il centro operativo avanzato per la gestione dell’emergenza, che è stata riconosciuta tale il 22 luglio dal Consiglio dei ministri, che su proposta del presidente Giuseppe Conte ha affidato il coordinamento delle operazioni al capo della Protezione civile nazionale Angelo Borrelli. Sul posto anche i tecnici di Ispra e Arpat per il monitoraggio della colonna d’acqua e l’eventuale inquinamento.

Immersioni a coppia a -50 metri tra scarsa visibilità e correnti

Venti i palombari del Gruppo operativo subacquei (Gos) del Comando subacquei e incursori (Comsubin) coinvolti nel recupero. Sono parte della task force che tra gli equipaggi delle navi Caprera, 48 militari, Tedeschi (16) e Rimini (44), oltre al supporto a terra e il personale della Protezione civile nazionale e di Ispra e Arpat vedi in campo per l’emergenza ecoballe 160 uomini. I subacquei lavoreranno in coppia. Immersioni di mezz’ora su fondali nell’ordine dei – 50 metri. E per ottimizzare i tempi di decompressione verrà utilizzata la tecnica del salto. In pratica, completando il ciclo all’interno della camera iperbarica installata a bordo della nave Tedeschi, che può accogliere fino a due subacquei e in caso di bisogno anche un infermiere o un medico. Su ogni ecoballa lavoreranno due squadre che si alterneranno per completare il contenimento dell’ecoballa in una speciale rete a maglia fitta, l’imbragatura e il graduale sollevamento dal fondale, che nel tratto in cui il carico è stato disperso è melmoso. Ci sarà da contrastare anche con l’azione del vento, le correnti del canale e la scarsa visibilità. Insomma, un’operazione tutt’altro che banale. Al punto che per evitare immersioni a vuoto i palombari del Gos faranno una verifica puntuale dei bersagli utilizzando un side scan sonar e calando sul punto individuato il Rov, ovvero una sorta di sottomarino a comando remoto che è dotato di telecamera per verificare lo stato di conservazione delle ecoballe a 5 anni dalla dispersione sul fondale marino. Quelle che risulteranno degradate o sprofondate nel fango verranno recuperate con l’ausilio della nave Anteo che permette di operare in immersione con la tecnica della saturazione. –M.M.

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