Ecoballe, operazione conclusa «Nel Golfo non ce ne sono altre»

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Ecoballe, operazione conclusa «Nel Golfo non ce ne sono altre»

Il Tirreno

Ecoballe, operazione conclusa «Nel Golfo non ce ne sono altre»

PIOMBINO Il Comitato di indirizzo, convocato dal Capo del dipartimento della protezione civile, Angelo Borrelli, coordinatore degli interventi nel Golfo di Follonica, ha messo ufficialmente fine all’operazione di recupero delle ecoballe disperse in mare dalla motonave Ivy nel 2015. Sei mesi è durata l’operazione, che ha convogliato a Piombino un gran numero di uomini e mezzi della Marina e dell’Ispra, che alla fine ha riportato a galla 15 ecoballe dai fondali, che insieme alle 17 spiaggiate o recuperate da pescatori nel corso degli anni. Di 24 non è stata trovata traccia.Il Comitato di indirizzo, dice una nota della Protezione civile, «ha preso atto delle attività effettuate e a fronte della mappatura di un’area di 295 chilometri quadrati dei fondali, in cui non sono stati rilevate ulteriori ecoballe, che quindi ragionevolmente ne esclude la presenza nelle acque del Golfo di Follonica», ha quindi deciso «di chiudere la gestione della fase emergenziale».Dopo la dichiarazione dello stato di emergenza deliberata lo scorso 22 luglio dal Consiglio dei ministri, nell’operazione sono stati impegnati strutture del Servizio nazionale della protezione civile e poi, sul campo, ministero della Difesa – Marina Militare, Autorità portuale, Regione, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), Comune di Piombino, Comune di Follonica, Asl Nord Ovest, Arpat. Ma non è finita qui, perché nella gestione dell’intero intervento Borrelli si è è avvalso «del supporto costante del Comitato di indirizzo, con compiti di convalida delle attività e degli interventi necessari». Nel Comitato spicca la figura dall’ammiraglio ispettore Aurelio Caligiore, molto impegnato e presente durante tutta l’operazione, ma ci sono oltre agli enti sopracitati, anche rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri, del ministero dell’Ambiente e del ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Sul campo poi reparti di grande specializzazione della Marina, assetti navali del Comando delle forze di contromisure e mine (Maricodrag) e del Comando subacquei e incursori (Comsubin) sotto il controllo operativo del Comando in capo della Squadra Navale (Cincnav),oltre ai palombari del Gruppo operativo subacquei (Gos).Tutto ciò per dire dell’enorme impegno che c’è voluto per mettere in piedi la campagna di recupero delle ecoballe, divisa in tre fasi di ricerca, l’ultima delle quali ha visto anche un’imponente mappatura dei fondali e si è conclusa nei giorni scorsi: «Alla fine delle attività – spiegano dalla Protezione civile – dai 7 chilometri quadrati delle investigazioni, è stata esaminata una superficie marina di 295 chilometri quadrati e recuperate circa 19 tonnellate di rifiuti», già avviate allo smaltimento nella discarica Rimateria.

RISULTATO DELUDENTE TRA RITARDI E INEFFICIENZE

Cristiano Lozito

La campagna di recupero delle ecoballe nel golfo di Follonica resterà un’incompiuta, frutto di ritardi e lentezze per le ramificazioni burocratiche che si sono incrociate nella vicenda, e le inefficienze di un Paese dove gli scandali ambientali si scoprono sempre in ritardo. Un Paese dove a quel punto si perde un altro po’ di tempo per discutere su come imbastire i rimedi, e alla fine magari ci si impegna – nel caso con 4 milioni di denaro pubblico – per un risultato finale che per il tempo trascorso non può che essere deludente.Sono passati cinque anni dalla dispersione vicino a Cerboli delle 56 ecoballe di plastica pressata dalla motonave Ivy, e la Marina quando finalmente sei mesi fa ha potuto operare, ha lavorato con grande impegno insieme all’Ispra, mettendo in campo eccellenti professionalità. Ma alla fine mancano 24 ecoballe, una trentina di tonnellate di plastica. Ora la stessa cabina di regia dell’operazione, il Comitato d’indirizzo, «ne esclude ragionevolmente la presenza nelle acque del Golfo di Follonica», dopo averlo pattugliato in lungo e in largo con tutti i sistemi tecnologici possibili. Può essere, e la verifica la faranno i pescatori nei prossimi mesi, ma se è vero significa solo che se ne sono andate un po’ o molto più in là trascinate dalle correnti, e non può essere una grande soddisfazione – a meno di voler essere ecologisti solo a casa propria – in attesa che l’ulteriore scorrere del tempo le liberi per andare a inquinare altrove.Una storia che è stata fin da subito un grande pasticcio, partito con una denuncia della capitaneria nel 2015, impantanata in un’inchiesta della Procura di Grosseto archiviata a fine 2019, con periodici spiaggiamenti di ecoballe o microplastiche, polemiche sulle ragioni dello svincolo da parte della Regione della fidejussione di tre milioni a carico dell’armatore, anni di disinteresse generale per la vicenda, se si escludono le decine di pagine del Tirreno, seguito poi dai giornali nazionali, dalle tv, dalle interrogazioni parlamentari. Fino all’ultima puntata dello smaltimento delle ecoballe avvenuto, per ironia della sorte ed evitando un altro viaggio di rifiuti per chissà dove, nella vituperata discarica Rimateria.

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