Economia circolare: servono una legge ad hoc e 10 miliardi di euro per stare dentro le direttive Ue al 2035

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Economia circolare: servono una legge ad hoc e 10 miliardi di euro per stare dentro le direttive Ue al 2035

Greenreport
Memorandum delle associazioni di imprese e sindacati a Governo e Parlamento

Investimenti soprattutto per impianti di digestione anaerobica, piattaforme per le filiere del riciclo,
recupero dei fanghi e impianti di termovalorizzazione
Dieci miliardi di euro tondi tondi: è il fabbisogno di investimenti stimato per il raggiungimento delle direttive
europee al 2035, soprattutto per impianti di digestione anaerobica per i rifiuti organici, piattaforme per le
filiere del riciclo (carta, vetro, plastiche, metalli), recupero dei fanghi, impianti di termovalorizzazione per rifiuti
urbani non riciclabili e scarti del riciclo, e per i rifiuti speciali che esportiamo, discariche per rifiuti pericolosi
che esportiamo, e discariche per i rifiuti urbani e speciali non riciclabili e non combustibili.
Lo sostengono in un memorandum le associazioni di imprese di settore e sindacati, rivolgendolo a Governo
e Parlamento affinché affrontino il problema. Per fare il quale, si sottolinea, serve “una nuova legge per i
rifiuti che abbia l’obiettivo di accelerare il passaggio all’economia circolare, spingendo da un lato
l’innovazione e consolidando il sistema industriale e dall’altro riuscendo a recuperare gli squilibri di gestione
in alcune zone del Paese, in particolare colmare il divario tra Nord e Sud”.
A far emergere ancor di più la già nota fragilità del sistema nazionale ha contribuito soprattutto l’emergenza
sanitaria da Covid-19, mettendo in evidenza il deficit di stoccaggio nonché quello impiantistico e le
conseguenze sulla continuità del servizio. E’ per questo – rilevano associazioni e sindacati – che occorre un
importante lavoro sia da parte delle aziende di gestione dei rifiuti e del riciclo sia da parte delle istituzioni
nazionali e locali, e dei cittadini; il tutto con il rafforzamento e consolidamento di una regolazione
indipendente per sostenere gli investimenti e la gestione virtuosa, oltre che la responsabilizzazione dei
produttori.
I firmatari sottolineano come l’economia circolare rappresenti soprattutto un’opportunità industriale e di
sviluppo sostenibile delle economie dei territori, in grado di creare nuova occupazione, ma come abbiamo
scritto alcuni giorni fa, senza un politica industriale dedicata, dopo anni di crescita l’economia circolare
italiana è in calo e diminuiscono pure gli occupati di settore.
Serve dunque una chiara strategia che possa implementare strumenti economici, e una Cabina di regia
istituzionale – come del resto l’Italia dovrà fare col recepimento delle direttive Ue l’Italia che le impone di
dotarsi di un programma nazionale rifiuti – all’interno dell’organismo deputato allo sviluppo delle politiche
nazionali e comunitarie programmate nel green deal europeo, in coordinamento con le regioni e con il
coinvolgimento delle Parti sociali interessate. Nel memorandum si sottolinea poi, dato che la sostenibilità
ambientale bisogna accompagnarla a quella sociale, che è necessario contrastare il fenomeno del dumping
contrattuale, con particolare riferimento ai contratti collettivi di lavoro stipulati con organizzazioni sindacali
non rappresentative, o comunque afferenti ad altri settori merceologici ed applicati quindi impropriamente,
nonostante vi siano già due storici contratti collettivi nazionali di categoria sottoscritti da Utilitalia,
Cisambiente e le tre centrali cooperative da un lato, e da FISE Assoambiente dall’altro, in entrambi i casi con
le Organizzazioni Sindacali FP CGIL, FIT-CISL, UIL Trasporti e FIADEL, che rappresentano circa il 95% dei
lavoratori del comparto.
Sul piano operativo, dunque, che fare? Il memorandum spiega che è fondamentale adeguare il quadro
impiantistico, garantire una stabilità normativa (con i decreti end of waste), sviluppare un piano industriale di
trasformazione dei rifiuti in energia elettrica e teleriscaldamento tramite un sistema di termovalorizzatori,
agevolare l’uso di prodotti riciclati, promuovere norme incentivanti sugli appalti verdi. Occorre inoltre vietare
le gare al massimo ribasso e intervenire sullo snellimento burocratico, senza incidere sulla legalità e la
trasparenza, e accelerare le procedure autorizzative.
Associazioni di aziende e sindacati in cambio offrono un impegno preciso: per favorire il raggiungimento di
questi obiettivi, svilupperanno modelli di impresa a livello territoriale, con il coinvolgimento degli Enti locali,
per promuovere politiche di tutela ambientale, promozione di un consumo consapevole, gestione ottimale
delle risorse, partecipazione attiva dei cittadini e dei lavoratori. Inoltre, in materia di politiche del lavoro,
confermano l’impegno ad operare per armonizzare e definire congiuntamente, in sede di rinnovo dei
contratti, i principali istituti, normativi ed economici del settore, oltre a sviluppare azioni formative ed
operative a tutela della salute di tutti i soggetti impegnati nella filiera.

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