Il piano che non c’è ASPETTANDO GODOT (IN DISCARICA)

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Il piano che non c’è ASPETTANDO GODOT (IN DISCARICA)

Corriere Fiorentino

Il piano che non c’è

ASPETTANDO GODOT (IN DISCARICA)

Paolo Ceccarelli

Accelerare sul nuovo piano dei rifiuti. È ciò che il Pd toscano e i suoi sindaci hanno chiesto a Eugenio Giani e allo stesso tempo è ciò che il governatore ha promesso ai suoi compagni di partito. Un confronto fisiologico, un vertice normale, quello di lunedì scorso in Regione, se non si trattasse di un reiterato dejà vu. Sì, perché il nuovo piano dei rifiuti a cui ora sta lavorando l’assessora all’Ambiente Monia Monni è diventato ormai da tempo il Godot toscano. Lo aspettano da anni le imprese, i Comuni e i cittadini, che forse non riescono ad appassionarsi a un tema così tecnico ma non sono stupidi: leggono e sentono parlare di inchieste sui fanghi delle concerie di Santa Croce sull’Arno interrati sotto una strada come la regionale 429 o sui presunti smaltimenti irregolari fatti da Alia, e si chiedono con una certa inquietudine se ci possono essere conseguenze per la loro salute. Sono domande legittime a cui dovranno rispondere in prima battuta i controlli avviati dalla Regione con Arpat e, sul lato giudiziario, le indagini della magistratura. Ma il punto politico della questione, che va al di là delle inchieste e peraltro le precede anche temporalmente, è come la Toscana vuole gestire la sua immondizia. «Rifiuti, Rossi: “Dalla Toscana risposte all’avanguardia, siamo a una svolta ambientalista”», è il titolo di un comunicato stampa della (precedente) giunta regionale del 24 luglio 2019, subito dopo l’approvazione di risoluzioni e ordini del giorno per rendere la regione più green e ecosostenibile .

Peccato che l’obbiettivo, sostenuto da una maggioranza del Consiglio regionale che andava dal Pd ai Cinque Stelle passando per la sinistra, sia rimasto di fatto solo un buon proposito. Se non per lo stralcio del termovalorizzatore di Case Passerini, scelta fatta dalla giunta Rossi e ribadita con forza da quella Giani. «No agli inceneritori, viva l’economia circolare» è del resto il mantra di Pd e alleati, che fino a pochi anni fa erano pronti a difendere la costruzione di nuovi impianti al punto di perdere le elezioni in un Comune importante come Sesto. Si badi bene, non è in discussione la possibilità — in alcuni casi il dovere — di cambiare idea e linea: la realtà cambia a una velocità impressionante e la politica è chiamata a dare risposte ora, non nel 2090. Ma è un dovere anche rispondere in modo chiaro e possibilmente con un po’ di sguardo lungo a una domanda: senza termovalorizzatori, dove finiranno i rifiuti toscani? Nelle discariche? Oppure continueremo a esportarli al prezzo di 50 milioni di euro, come spiegato da Marzio Fatucchi sul Corriere Fiorentino di domenica scorsa, e dell’imbarazzo di essere una regione non autosufficiente?

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