Il Sole 24 Ore
Imballaggi, filiere a rischio nel carosello continuo di regole Ue e decreti
La vice presidente Da Ros alla Camera: bisogna evitare i costanti cambi delle norme
Le minacce del regolamento Ue e del decreto legislativo dello scorso 23 settembre
Nicoletta Picchio
Evitare fughe in avanti e continue modifiche delle norme, che mettono a rischio filiere strategiche del riciclo ed economia circolare, affossando le imprese e vanificando gli investimenti. È il messaggio che Katia Da Ros, vice presidente di Confindustria per Ambiente, sostenibilità e cultura, ha rivolto ai deputati della Commissione ambiente, nell’audizione che si è svolta ieri sul decreto legislativo presentato alle Camere il 23 settembre in tema di rifiuti ed economia circolare (che modifica precedenti normative). Un decreto che si intreccia anche con il regolamento sugli imballaggi varato dalla Commissione Ue mercoledì e che danneggia l’industria italiana, leader in Europa e nel mondo nel riciclo, con un tasso di uso circolare di materia al 19,3% contro una media europea dell’11,9 per cento.
Il decreto, ha detto Da Ros, fornisce alcuni chiarimenti che vanno nella giusta direzione di allineare il nostro ordinamento a quello europeo, dando in larga parte certezze e chiari indirizzi agli operatori.
Ma ci sono «due aspetti critici» ha sottolineato la vice presidente di Confindustria: le modifiche in materia di cauzionamento e riutilizzo degli imballaggi e la modifica della disciplina della classificazione dei rifiuti e gli effetti che ne derivano sul perimetro di applicazione della Tari, la tassa sui rifiuti.
Un tema che si collega al regolamento europeo sulla riforma degli imballaggi, che la Commissione ha presentato l’altro ieri. Un regolamento, ha sottolineato Da Ros, «che sta creando enorme preoccupazione in tutti i settori industriali interessati, a livello italiano ed europeo, per le gravi ricadute economiche, sociali e ambientali che ne deriverebbero». Si punta al riuso piuttosto che sul riciclo, senza valutazioni di impatto ambientale, fattibilità e sostenibilità economica. Un danno per l’Italia, leader nell’economia circolare: la nostra industria, ha fatto presente Da Ros ai deputati, avvia al riciclo una percentuale record pari all’83,4% dei materiali impiegati, superando ampiamente la media europea che si ferma al 53,8%. Ricicliamo il 73% dei rifiuti da imballaggio, raggiungendo con 9 anni di anticipo l’obiettivo europeo del 70% al 2030. Ad essere colpiti sarebbero i produttori di imballaggi e i loro fornitori di materia prima, ma anche gli utilizzatori industriali di imballaggi, i costruttori di macchinari per il confezionamento e l’imballaggio, la logistica e-commerce, i riciclatori di imballaggi, la grande distribuzione, gli operatori della ristorazione e molti altri settori.
È prioritario, quindi, per il Paese seguire i lavori a livello Ue per fare in modo che l’impostazione fortemente critica della Commissione possa essere superata. E, proprio sulla base di queste considerazioni, andrebbe evitato di «esporre il paese a fughe in avanti», che sembrano tra l’altro non tenere conto dei principi che regolano il mercato unico europeo. Inoltre sarebbe opportuno apportare i correttivi all’articolo 219-bis del Codice dell’ambiente solo una volta che sarà definito il nuovo framework regolatorio Ue, evitando di intervenire ulteriormente sulla norma, che andrà necessariamente rivista una volta ridefinite le nuove regole Ue.
Per quanto riguarda in particolare la Tari, in materia di classificazione dei rifiuti ed effetti sul perimetro di assoggettabilità alla tassa, le modifiche proposte genererebbero confusione e letture distorte, con l’effetto di gravare sulle imprese dopo anni e anni di contenzioso. Le aziende si troverebbero a fronteggiare un doppio costo, quello della Tari su magazzini e capannoni industriali, per un servizio che non ricevono, e quello sopportato per avvalersi del servizio fornito da altre imprese autorizzate alla gestione dei loro rifiuti. «A nostro avviso – ha detto Da Ros – la disciplina in materia di rifiuti industriali e Tari andrebbe mantenuta, per non gravare sulle imprese e di conseguenza drenare risorse che potrebbero essere destinate a investimenti e innovazione nella direzione green. E’ necessario mantenere un chiaro indirizzo di allineamento alla normativa Ue di giustizia fiscale e di rimozione di oneri e costi impropri a carico delle imprese italiane».