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Innovazione e tutela della salute «O non ne facciamo di niente»

Il Tirreno, Cronaca di Grosseto

Innovazione e tutela della salute

«O non ne facciamo di niente»

Massimiliano Frascino, Scarlino. Fabrizio Dazzi, eletto segretario della Filctem Cgil nel novembre 2019, sapeva dall’inizio che occuparsi del cogeneratore di Scarlino Energia sarebbe stata solo questione di tempo.

Allora segretario, cominciamo dal tema che sta a monte: quello dei rifiuti.

«È un problema ancora irrisolto, perché nell’Ato rifiuti Toscana sud non sono state ancora raggiunte le percentuali stabilite dalla Regione per il 2020: 70 percento di differenziata per destinare i materiali a recupero e riciclo, 20 percento all’incenerimento per produrre energia e calore e 10 percento destinato alla discarica. Nel nostro Ato siamo appena al 46,5 per cento (dato 2019). È ancora lunga la strada da fare».

Ci sarà comunque sempre una frazione non recuperabile.

«Esatto. E ci sono anche i fanghi reflui dei processi di depurazione e una quota di rifiuti speciali. A questi scarti va trovata una soluzione che non sia la discarica. I termovalorizzatori sono la risposta più diffusa in Europa. Reggio Emilia, Parma. Torino, Brescia, per citare alcuni di quelli italiani».

Quindi sì al revamping da 90 milioni di euro proposto da Iren?

«Non è il sindacato a dire quale sia la configurazione tecnologica di un impianto, quello spetta agli organismi tecnici della Regione. La Cgil dice due cose: non si può dire no a un’azienda sulla base di motivazioni politiche, se questa presenta un progetto a norma di legge. Diversamente da quel che è successo in passato, da Iren-Scarlino Energia ci aspettiamo un progetto innovativo, inattaccabile sul rispetto dei parametri ambientali e sulla tutela della salute umana».

Non temete lo scontro nel mondo del lavoro?

«La Cgil con le altre organizzazioni sindacali è stata al fianco dei lavoratori di Scarlino Energia e grazie alla solidarietà di tutte le aziende della piana molti dei lavoratori sono stati ricollocati. Chi è rimasto lo ha fatto scegliendolo legittimamente. Nella sua natura confederale, la Cgil è nata per tutelare tutti i lavoratori. Alimentare l’idea che certi posti di lavoro siano alternativi ad altri è fuorviante e funzionale a interessi che ci sono estranei. La convivenza è stata possibile in passato, figuriamoci oggi».

Perché siamo arrivati a questo punto?

«Per l’assenza di una politica industriale, a livello nazionale e locale. L’incertezza è nemica dello sviluppo, e alla fine chi paga le conseguenze più salate sono i lavoratori. L’industria ha l’occasione della transizione ecologica e delle filiere dell’economia circolare; con la possibilità d’introdurre innovazioni basate sull’aggiornamento tecnologico. Bisogna si prenda le sue responsabilità creando lavoro qualificato e lasciandosi alle spalle le cattive pratiche basate su dumping sociale e disinteresse per le ricadute ambientali».

Segretario, come finirà secondo lei questa storia?

«Non sono Nostradamus, ma non credo che la transizione energetica potrà evitare di tenere conto di questo tipo d’impianti. Noi non abbiamo pregiudizi, ma non cederemo mai a ricatti occupazionali. O con l’innovazione si crea sviluppo nel rispetto dell’ambiente, tutelando la salute e il lavoro di qualità, o per noi non se ne fa niente».

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