Il Tirreno
La società ha messo le mani sulla divisione ambiente di Unieco per 90 milioni
La partita sulla riapertura non è ancora chiusa: il procedimento non è aggiornato
Alfredo Faetti/Scarlino
Negli uffici di Scarlino Energia la partita sull’inceneritore è tutt’altro che chiusa. La società sta lavorando su due fronti per riuscire nel suo intento di riaccendere i forni del Casone: il primo sul piano politico-amministrativo, il secondo sul piano finanziario. L’azienda infatti ha presentato una diffida contro la mozione approvata all’unanimità con cui il consiglio regionale impegnava la giunta a non dar seguito all’iter per la concessione della Via al nuovo progetto presentato. «I fatti rappresentati nella mozione non sono aggiornati allo stato del procedimento in corso», dice Scarlino Energia, che nelle stesse ore ha visto chiudere un’altra partita delicata.
La società emiliana Iren ha acquisito con 90 milioni di euro la divisione Ambiente di Unieco, l’ex colosso cooperativo dell’edilizia finito in liquidazione di cui fa parte, appunto, Scarlino Energia. La novità sostanziale nelle vicende dell’inceneritore del Casone è proprio quella legata all’asset societario e ai nuovi capitali che sembra in grado di spendere. La Iren è una multiutility con sede a Reggio Emilia, impegnata in rami che spaziano dall’energia al servizio idrico, da tempo persegue una politica di acquisizione di altre realtà industriali del settore dei servizi ambientali in cui opera. La notizia dell’acquisizione della divisione Ambiente di Unieco (che in Maremma entra anche Sei Toscana e altre realtà legate al mondo dei rifiuti) è arrivata a conclusione della valutazione delle offerte vincolanti da parte del commissario liquidatore Corrado Baldini, che ha decretato la migliore quella emiliana.
«L’operazione permetterà di consolidare la posizione tra gli operatori nazionali leader nel settore ambientale – commentano da Iren Ambiente – ampliando notevolmente il bacino territoriale servito e acquisendo un posizionamento strategico nella raccolta di rifiuti di una vasta area della regione Toscana». Sempre nella nota di Iren, si legge che Unieco porterà in dote alla multiutility anche «alcuni impianti di trattamento meccanico biologico e di compostaggio, la gestione di discariche in Piemonte, Toscana e Puglia e (sempre in Toscana) un termovalorizzatore della potenzialità di circa 68mila tonnellate all’anno». Quello di Scarlino, appunto, che sembra quindi rientrare negli interessi della nuova proprietà. Solo che sull’impianto pendono diverse sentenze (ultima quella del Consiglio di Stato che è entrata nel merito della parte impiantistica) e per questo è chiusa da anni. Ma come detto, anche questa è una partita che Scarlino Energia vuole continuare a giocare.
Ecco dunque la diffida ai consiglieri regionali affinché approfondiscano i «nuovi elaborati progettuali» su cui è stato avviato l’ultimo iter autorizzatorio. «I fatti rappresentati nella mozione sono riferibili alla pregressa configurazione impiantistica di fatto superata dal nuovo progetto all’esame – spiega Scarlino Energia – Il consiglio regionale si è pronunciato su circostante superate e non verificate in alcun modo».Su queste basi si basa la diffida della società, che «intende sollecitare il consiglio ad un approfondimento tecnico – conclude la nota – coinvolgendo magari gli uffici competenti, per ristabilire l’attualità del procedimento amministrativo in corso d’istruttoria». La partita, insomma, sembra tutt’altro che chiusa.