LA procedura CONTRO L’ITALIA è POSSIBILE, esito tra diversi ANNI

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LA procedura CONTRO L’ITALIA è POSSIBILE, esito tra diversi ANNI

Il Sole 24 Ore

L’ANALISI

LA procedura CONTRO L’ITALIA è POSSIBILE, esito tra diversi ANNI

Alessandro Galimberti

È destinata a finire davanti alla Corte di giustizia dell’Unione europea la querelle sul recepimento della direttiva sulla plastica monouso (Sup, Ue/2019/904). Le tappe cronologiche della (mancata) interlocuzione tra Roma e Bruxelles nel periodo intercorso tra il 22 settembre 2021 e il 14 gennaio scorso indicano chiaramente la strada diretta per il Lussemburgo, sede del tribunale delle leggi unionali.

Nell’ultimo giorno d’estate, l’Italia notificava alla Commissione europea lo «Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2019/904 del parlamento europeo e del consiglio del 5 giugno 2019 sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente». Schema che chiariva da subito l’intenzione di Roma di introdurre deroghe per la cosidetta plastica “eco”, ambito non solo di ricerca ma anche industriale in cui l’Italia eccelle. L’altolà della Commissione era però arrivato a stretto giro di posta, il 14 ottobre successivo, e più esplicito non poteva essere: il decreto di recepimento in pista per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale conteneva una serie di “addendum”, diciamo così, non previsti dalla norma comunitaria e, anzi, vietati, a partire da definizioni (evidentemente non fatte valere dall’Italia in sede di redazione della direttiva) fino alle soglie quantitative di tolleranza e per finire a un elenco di prodotti esenti. Nella prosa unionale, testuale «la Commissione ricorda che tali definizioni non impongono alcuna soglia per la quantità di plastica da includere nel prodotto affinché possa essere considerato un prodotto di plastica monouso. Non vi sono altri elementi nella direttiva, né nella storia legislativa, che indichino che tali definizioni dovrebbero essere interpretate in modo tale da richiedere una percentuale minima di contenuto di plastica per costituire un prodotto di plastica monouso».

Non solo: da Bruxelles due mesi dopo, il 16 dicembre, insieme alla notifica di un parere circostanziato (ultimo avviso prima del deferimento) era arrivata anche la diffida a non pubblicare il decreto sotto osservazione prima del 23 marzo 2022, e nel frattempo provvedere ad allineare il testo alla “traccia” della direttiva. Nelle more, invece, e del tutto incurante, il Governo di Roma aveva pubblicato la norma (Gazzetta Ufficiale del 30 novembre scorso 2021) in vigore dal 14 gennaio 2022. L’intimazione dicembrina del commissario Thierry Breton? Ignorata tamquam non esset. Da qui l’inevitabile, automatico ricorso all’articolo 258 del Trattato Ue (procedura di infrazione) non essendosi lo Stato italiano conformato al parere circostanziato «nel termine fissato dalla Commissione». Come scontato appare l’esito della procedura, a fattori (cioè legislazione) costanti: messa in mora e quindi condanna dell’Italia, con multe (giornaliere) per il ritardo nell’esecuzione. I tempi? Quelli di un processo comunitario, dai 2 ai 4 anni.

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