La sentenza del Consiglio di Stato sul Css-combustibile, spiegata

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La sentenza del Consiglio di Stato sul Css-combustibile, spiegata

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La sentenza del Consiglio di Stato sul Css-combustibile, spiegata

È stato confermato l’impianto del Dm 22/2013 che disciplina l’End of waste del combustibile solido secondario ricavato da rifiuti

Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5535/21, ha ripristinato l’impianto originario del Dm 22/2013 (il cosiddetto “decreto Clini”) che disciplina i requisiti per la cessazione della qualifica di rifiuto del Css-combustibile, ovvero determinate tipologie di combustibili solidi secondari derivati da rifiuti.

Di per sé, il Css è un combustibile ottenuto dalla componente secca (plastica, carta, fibre tessili, ecc.) dei rifiuti non pericolosi, sia urbani sia speciali, tramite appositi trattamenti di separazione da altri materiali non combustibili (vetro, metalli, inerti, etc).

Il Css-combustibile è la sua versione End of waste (Eow), disciplinata appunto dal Dm 14 Febbraio 2013, n. 22, che stabilisce i criteri specifici da rispettare – come potere calorifico inferiore, quantità di cloro e di mercurio – affinché determinate tipologie di Css cessino di essere qualificate come rifiuto e possano essere considerate “prodotto” da re-immettere sul mercato, in questo caso come combustibile da impiegare in centrali termoelettriche e nei cementifici. Se invece i criteri individuati dal decreto non sono rispettati, si parla di un rifiuto (Css) benché sempre definito come “combustibile solido secondario”.

La sentenza del Consiglio di Stato, nel recepire le argomentazioni del ministero della Transizione ecologica a difesa dei contenuti del Dm, pone l’accento sul fatto che «l’impiego del Css-combustibile conforme alle caratteristiche indicate nel Regolamento n. 22/2013 non rappresenta una forma di recupero di energia da rifiuti, bensì l’utilizzo di un autentico prodotto classificato combustibile, ottenuto a valle di un processo di recupero di materia».

Una formulazione giuridica evidentemente ineccepibile, anche se all’atto pratico si parla sempre di un combustibile ricavato da rifiuti, da bruciare al posto dei più  inquinanti combustibili fossili. Inoltre, la sentenza sottolinea che l’utilizzo dei combustibili solidi secondari in cementifici è riconosciuto da «una decisione della Commissione europea (decisione di esecuzione della Commissione del 26 marzo 2013, n. 163) come una migliore tecnica disponibile (Mtd o Best available technique – Bat)».

Secondo Giuseppe Angelo Dalena, presidente di Airec – l’associazione confindustriale di settore che raggruppa le più importanti imprese private produttrici di Css e di Css-combustibile – la sentenza «colloca correttamente il Css-C nella sua sede naturale, che è quella dell’implementazione dell’economia circolare. Non si tratta di alimentare con argomentazioni capziose un’improponibile concorrenza tra riciclo e Css-C bensì di cogliere appieno il senso della gerarchia europea delle opzioni da applicare alla gestione dei rifiuti, che prevede con priorità decrescente prevenzione, riutilizzo, riciclo meccanico e, a seguire, recupero di altro tipo (energetico per esempio), fino al residuale smaltimento in discarica che è l’ultima estrema opzione. In questo scenario, l’utilizzo di un combustibile da rifiuti di alta qualità registrato come “sostanza” ai sensi del Regolamento n. 1907/2006/CE del 18/12/2006 (REACH) ha piena cittadinanza e costituisce un elemento indispensabile per assicurare una gestione ambientalmente sostenibile dei rifiuti non riciclabili riducendo, al contempo, il depauperamento di combustibili tradizionali non rinnovabili».

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