Materie prime strategiche: nel 2040 l’economia circolare potrà soddisfare il 32% del fabbisogno annuo dell’Italia

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Materie prime strategiche: nel 2040 l’economia circolare potrà soddisfare il 32% del fabbisogno annuo dell’Italia

Greenreport

Materie prime strategiche: nel 2040 l’economia circolare potrà soddisfare il 32% del fabbisogno annuo dell’Italia

Tecnologie low-carbon e impiantistica per ridurre la dipendenza di materie prime critiche da Paesi terzi

La presentazione del Position Paper “Materie prime critiche e produzioni industriali italiane. Le opportunità derivanti dall’economia circolare” di The European House – Ambrosetti Iren è servita a qualificare la centralità delle materie prime critiche per le produzioni industriali europee, mettendo in luce le potenziali criticità legate alla concentrazione delle forniture, e quantificare il fabbisogno attuale e prospettico per l’Italia identificando le opportunità derivanti dall’economia circolare.

Il managing partner & CEO di The European House – Ambrosetti Valerio De Molli,  ha detto che «Le materie prime critiche sono centrali per l’industria europea e rientrano in tecnologie chiave per la politica energetica e digitale, in un contesto in cui l’Europa e l’Italia sono fortemente dipendenti da Paesi terzi. In Italia, in particolare, il fabbisogno di materie prime critiche strategiche è previsto crescere fino a 11 volte rispetto ad oggi, rendendo necessarie soluzioni di policy volte a garantire un approvvigionamento sicuro e resiliente».

Il rapporto evidenzia che «Nel 2023 la Commissione europea ha identificato 34 materie prime critiche per l’industria Europea (20 in più rispetto alla rilevazione effettuata nel 2011). La Cina è oggi il principale fornitore europeo per il 56% delle materie prime critiche con implicazioni significative per i target energetici al 2030: se la Cina interrompesse la fornitura di terre rare all’Europa, da qui al 2030 sarebbero a rischio 241 GW di eolico (47% del totale) e 33,8 milioni di veicoli elettrici (66% del totale), rendendo impossibile il raggiungimento degli obiettivi legati alle linee guida europee. Il posizionamento della Cina sulle materie prime critiche non si basa solamente sulla produzione domestica, ma anche sulla capacità di raffinazione».  Infatti, la Cina raffina oltre il 90% della produzione mondiale di terre rare, di manganese e di germanio e, tra il 2005 e il 2021, ha investito oltre 80 miliardi di euro nel settore estrattivo e della raffinazione. Il Position Paper  fa notare che «Si tratta di un valore pari a 2,3 volte gli investimenti pubblici europei in rinnovabili osservati nello stesso periodo di riferimento».

La Cina ha investito principalmente in 3 Paesi:  Australia (26,6 miliardi di Euro), Repubblica Democratica del Congo (13,7 miliardi di Euro) e Perù (11,8 miliardi di Euro) e gli effetti di questa strategia sono visibili per materie prime critiche come cobalto e litio, per i quali la Cina detiene rispettivamente il 3% e l’11% della capacità mineraria globale, ma che sono controllati rispettivamente al 25% e al  24% da società cinesi.

Di fronte a questo mercato fortemente concentrato, il Critical Raw Materials Act, emanato a marzo 2023 dalla Commissione Europea stabilisce che, entro il 2030, estrazione, raffinazione e riciclo debbano soddisfare, rispettivamente, almeno il 10%, 40% e 15% del fabbisogno europeo di materie prime critiche, con l’obiettivo di rendere le filiere industriali più resilienti e meno dipendenti da Paesi terzi. Inoltre, al massimo il 65% delle materie prime critiche consumate potranno essere importate da un singolo Paese. Sempre nel 2023 la Commissione Europea ha introdotto anche il concetto di materie prime strategiche, ovvero le materie prime necessarie per produzioni industriali che ricadono in settori di utilizzo strategici identificati in: energie rinnovabili, mobilità elettrica, digitale, aerospazio e difesa.

Le analisi di The European House – Ambrosetti, basate su oltre 50 documenti di policy europei degli ultimi 5 anni, consentono di identificare le tecnologie sottostanti ai settori strategici (fotovoltaico, eolico, batterie, data storage e server, prodotti di elettronica, droni e satelliti) e conseguentemente di identificare il fabbisogno italiano, attuale e prospettico, di materie prime strategiche e «I risultati dell’analisi evidenziano come il fabbisogno odierno italiano di materie prime strategiche si attesti a circa 2.782 tonnellate nel 2020, con il rame che rappresenta il 44% del totale. Al 2040, inoltre, il fabbisogno è previsto crescere fino a 11 volte rispetto a tali volumi, nell’ipotesi di una specializzazione produttiva del Paese sugli ambiti dell’eolico e del fotovoltaico e di una espansione tecnologica coerente con i target energetici europei».

Alla luce del crescente fabbisogno di materie prime critiche strategiche, ci sono dei vincoli da tenere in considerazione per poter soddisfare i fabbisogni.: «Infatti, da un lato, le materie prime critiche strategiche hanno pochi materiali sostituti, parte dei quali sono a loro volta critici e con soluzioni a minor maturità tecnologica che rendono difficile performance comparabili. Dall’altro lato, l’estrazione di materiali minerali metallici in Italia è oggi sostanzialmente nulla, con tempi autorizzativi per valorizzare un nuovo sito minerario che raggiungono in Europa 15/17 anni», spiega il Position Paper.

Anche alla luce dei volumi crescenti di tecnologie low-carbon che raggiungeranno il fine vita, l’economia circolare rappresenta quindi una leva ad alto potenziale: «Lo stock di prodotti riciclabili da qui al 2040 è previsto crescere di 13 volte. In questo contesto, il riciclo potrà soddisfare nel 2040 dal 20% al 32% del fabbisogno italiano annuo di materie prime strategiche, con il target del 15% fissato dalla Commissione Europea che può essere raggiunto già nel 2030. Tuttavia, per raggiungere tassi di riciclo significativi e potenziare l’autonomia strategica italiana è necessario un incremento della dotazione impiantistica». The European House – Ambrosetti ha stimato che «In Italia saranno necessari 7 impianti per valorizzare i prodotti che contengono materie prime critiche, per un investimento complessivo di circa 336 milioni di Euro».

Diventa quindi fondamentale il ruolo delle multiutility come Iren, attiva nei settori strategici dell’energia, dell’acqua, dell’ambiente e delle reti, che potranno fornire un contributo sostanziale al raggiungimento dei target del Critical Raw Materials Act grazie alla gestione diretta di circa 60 impianti di trattamento dei rifiuti in Italia, fra i quali innovative linee di trattamento dei RAEE (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) per il recupero delle materie prime critiche contenute. Nel piano industriale Iren al 2030, che prevede circa 10,5 miliardi di investimenti, l’80% dei quali dedicati alla crescita sostenibile, è previsto un ulteriore sviluppo impiantistico, fra cui la realizzazione del primo impianto italiano dedicato esclusivamente al recupero dei materiali preziosi e materie prime critiche, la cui costruzione partirà entro il 2023 in Valdarno.

Il presidente di Iren, Luca Dal Fabbro, ha concluso: «I risultati della ricerca dimostrano come l’incremento della dotazione impiantistica in termini di recupero e riciclo delle materie prime critiche sia l’azione più urgente da intraprendere a beneficio della sicurezza del sistema economico italiano. Al 2040 l’economia circolare potrà soddisfare fino al 32% del fabbisogno annuo di materie prime strategiche in Italia. Iren eserciterà un ruolo da protagonista in questo ambito, forte di un piano industriale che prevede al 2030 10,5 miliardi di Euro di investimenti con l’obiettivo di diventare il player di riferimento per l’economia circolare nel Paese».

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