Non sappiamo se potremo recuperare tutte le ecoballe disperse nel golfo di Follonica

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Non sappiamo se potremo recuperare tutte le ecoballe disperse nel golfo di Follonica

Greenreport

Tutte quelle trovate finora sono però perfettamente integre, calano i timori di inquinamento da
microplastiche
Di Luca Aterini
Le operazioni di recupero delle ecoballe di Css (Combustibile solido secondario da rifiuti), disperse nel golfo
di Follonica nel 2015, hanno portato a grandi risultati in poco tempo: dopo cinque anni di ignavia a fine luglio
il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza, le operazioni di recupero coordinate dalla Protezione civile
sono partite il 6 agosto e da allora sono state portate a terra 12 ecoballe per l’equivalente di circa 15
tonnellate di rifiuti, su cui sono iniziate le analisi propedeutiche alla fase di smaltimento.
Come informano dal Comitato di indirizzo, convocato ieri dal capo del dipartimento della Protezione civile
Angelo Borrelli, mediante l’ausilio del sonar e due tipologie di side-scan ROV finora «le indagini hanno
interessato un’area di oltre 20 km², triplicando l’estensione dell’area di ricerca originaria e hanno analizzato
51 ipotetici bersagli, di cui solo 13 si sono poi rivelate ecoballe».
La 13esima è ancora in mare, sui fondali ad est dell’isola di Cerboli: i palombari del Gruppo operativo
subacquei (Gos) della Marina militare hanno effettuato diverse immersioni, nel tentativo di disancorarla dal
materiale fangoso che parzialmente l’avvolge e ne impedisce il sollevamento, ma finora le operazioni non si
sono concluse positivamente. In aiuto è già previsto l’arrivo di Nave Anteo e di un cacciamine della Marina
militare, che opereranno per il recupero della balla infangata già dal mese di settembre.
Nel frattempo il Comitato di indirizzo ha deciso, al fine raggiungere il miglior risultato possibile, di avviare
tempestivamente rilievi batimetrici utili all’orografia completa della zona circostante l’isola di Cerboli, area in
cui potrebbero essere rinvenute ulteriori ecoballe.
Ma di fatto è presto per sapere se le operazioni di recupero saranno possibili per tutte le ecoballe, come
spiega oggi su intoscana – il portale ufficiale della Regione – il responsabile dell’area emergenze ambientali
in mare di Ispra, Ezio Amato. Che parte da un dato di fatto: «Nessuno ha mai raccolto ecoballe dai fondali
marini, è un qualcosa di mai affrontato prima».
La buona notizia è che, anche se «siamo di fronte ad un danno di tipo ecologico, causato proprio dalla
presenza delle ecoballe sul fondale», guardando a quelle finora recuperate i rischi peggiori relativi
all’inquinamento da microplastiche sembrano al momento limitati: «Ipotizzavamo che dopo 5 anni di

permanenza sul fondale, quello che teneva insieme le ecoballe poteva essersi disgregato. Dopo i primi
recuperi, abbiamo verificato che le ecoballe erano tutte integre e che la frammentazione paventata della
plastica in microplastiche è ancora molto lontana dal poter avvenire. Le ecoballe recuperate sono venute su
tutte perfettamente integre con tanto di fascetta, scongiurando i nostri timori iniziali».
La cattiva notizia invece riguarda le possibilità di individuare e dunque recuperare tutte le ecoballe disperse,
viste le molte domande ancora aperte in merito: «Sono state gettate tutte qui? Quante ne hanno recuperate i
pescatori (ufficialmente tra recuperate e spiaggiate siamo a quota 16, ndr)? Quando le hanno recuperate, le
hanno consegnate tutte alla Capitaneria di Porto o alcune sono state rigettate in mare? Che fine hanno
fatto? Purtroppo non ci sono risposte a queste domande. Una volta recuperata dal fondale, una balla
galleggia per un periodo di tempo non determinabile e può essere portata in giro dalle correnti che nel Golfo
di Follonica sono particolarmente intense e in superficie […] Abbiamo esplorato tutto l’esplorabile e anche di
più. Potremmo andare in giro per il Mediterraneo a cercare le ecoballe, potrebbe essere un’attività di
interesse ma alla fine il bilancio costi/benefici andrebbe pesantemente dalla parte dei costi e peserebbe sulle
spalle dei cittadini».
Finora, il costo previsto per le operazioni di recupero arriva già a 4 milioni di euro. Ma non sappiamo cosa
effettivamente sia accaduto alle ecoballe nel corso di cinque lunghi anni: «Siamo in tempo perché abbiamo
scoperto che le ecoballe non si stanno disfacendo e sono sostanzialmente integre. È tardi rispetto al fatto
che non sappiamo realmente quante ecoballe possono essere state intanto ripescate e lasciate disperdersi
in mare», conclude Amato.
Potremmo però imparare qualcosa dagli errori compiuti. A partire dall’inizio: se ci fossero stati in Toscana
impianti adeguati a gestire i nostri rifiuti secondo logica di sostenibilità e prossimità, non avremmo dovuto
spedire 1.888 ecoballe in Bulgaria per bruciarle dietro lauto compenso (un iter in ogni caso insostenibile, al
di là dell’incidente sulla motonave Ivy), né preoccuparci delle conseguenze ambientali ed economiche delle
56 finite disperse nel golfo di Follonica.

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