Piombino, quale futuro per Rimateria? Ecco la posizione di Iren Ambiente

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Piombino, quale futuro per Rimateria? Ecco la posizione di Iren Ambiente

«Abbiamo registrato atti da parte delle amministrazioni locali volti a limitare l’operatività di Rimateria, segno evidente della volontà di non voler più supportare il progetto di rilancio e sviluppo della società»

A poche ore dalla prossima assemblea dei soci Rimateria, prevista per il 21 maggio, cresce la tensione sul futuro di una partecipata pubblica che nel 2017 veniva individuata dalla Commissione Ue come un’eccellenza in fatto di economia circolare, ma che sul territorio locale è stata stritolata dal conflitto politico anziché supportata come strumento di sviluppo sostenibile.

Tanto che adesso si torna a ventilare l’ipotesi di un imminente fallimento, e per soppesare quanto il rischio sia concreto basta osservare l’apparente inversione a U del sindaco di Piombino, Francesco Ferrari, che peraltro sembra lavarsene le mani: «L’eventuale fallimento della società Rimateria è una circostanza che spaventa ma in cui le istituzioni non hanno potere d’azione. A questo punto, il futuro dell’azienda non può che essere in mano ai soci privati».

Evidentemente i soci pubblici – e dunque in primis il Comune di Piombino con la sua quota determinante in Asiu in liquidazione, che a sua volta detiene il 27,75% di Rimateria – hanno già fatto il possibile per determinare questo futuro, come quando un anno fa il sindaco Ferrari apprezzò la richiesta di concordato avanzata da Rimateria al Tribunale di Livorno affermando: «Quello che, in astratto, è da considerarsi il preludio del fallimento ritrova il suo elemento di giustificazione anche e soprattutto nel cambiamento di approccio di un territorio e della sua Amministrazione».

Adesso però che l’ipotesi fallimento è tornata davvero a bussare alle porte del territorio sembra che il ruolo dei soggetti pubblici possa essere rinnegato (o meglio di alcuni soci pubblici, si veda al proposito la posizione appena espressa dai sindaci di Campiglia Marittima, Castagneto Carducci e Sassettandr). Purtroppo non è così, come spiegano oggi da Iren Ambiente: la società che – tramite l’acquisizione del gruppo Unieco lo scorso novembre – è entrata nella compagine azionaria di Rimateria con una quota del 30%.

«Al momento dell’ingresso di Iren Ambiente – ricordano dalla società – la situazione di Rimateria risultava particolarmente compromessa avendo un indebitamento significativo di oltre 10 milioni di euro, risultando priva di fondi post mortem per circa 15 milioni di euro e con obblighi di messa in sicurezza per altri 20 milioni di euro. In questi sei mesi Iren Ambiente ha messo in atto tutte le operazioni possibili per assicurare il recupero di efficienza di Rimateria e il mantenimento dei posti di lavoro, presupposto per il rilancio della società insieme a un nuovo, imprescindibile, piano industriale per la cui riuscita era necessario il sostegno concreto da parte di tutti gli attori coinvolti, in primis le amministrazioni pubbliche».

Amministrazioni che tramite Asiu non solo hanno un’importante partecipazione in Rimateria (27,75%), ma ne esprimono il presidente – Francesco Pellati, proposto proprio da Ferrari – e mantengono il veto per l’approvazione del Piano industriale. In questo contesto, Iren ritiene di «non essersi sottratta a proporre soluzioni che consentissero di garantire la continuità nel breve di Rimateria e di sviluppare un Piano industriale basato anche su attività diverse dalla gestione della discarica».

Eppure in questi mesi da Iren Ambiente hanno «registrato atti da parte delle amministrazioni locali non in linea con quanto stabilito in precedenza dalla società e dagli enti stessi, volti a limitare l’operatività di Rimateria, segno evidente della volontà di non voler più supportare il progetto di rilancio e sviluppo della società, base del piano industriale approvato a suo tempo».

Basta guardare alla cronaca: dall’approvazione della variante urbanistica – duramente criticata anche da Legambiente – per cambiare la destinazione d’uso dell’area che Rimateria avrebbe potuto risanare (58 ettari) da “aree e attrezzature per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, e attività assimilate” a parco pubblico urbano nonostante vi insistano 4 discariche (di cui una abusiva, la Li53), fino allo stop arrivato a metà marzo dalla Conferenza dei servizi al progetto Variante 2 opere di chiusura discarica ex Lucchini e riprofilatura opere di chiusura discarica Rimateria. «Le evidenze tecniche, sollevate anche dal Comune di Piombino, non hanno consentito a Rimateria di avere l’autorizzazione», sottolineò Ferrari per l’occasione.

Anche gli incontri tra il sindaco e l’assessore regionale all’Ambiente Monia Monni, svoltisi negli ultimi mesi, non hanno portato frutti: «Sulla vicenda di Rimateria abbiamo rinvenuto una visione comune che presto sottoporremo alla società», spiegava a febbraio Ferrari, senza più tornare sul tema.

Un contesto che resta dunque in bilico tra ignavia e ostracismo, e che adesso potrebbe presentare un conto molto salato non solo per Rimateria ma per l’intera Val di Cornia: «Non è intenzione di Iren – concludono dalla società – mettere in discussione le legittime decisioni prese dalle pubbliche amministrazioni ma non si può sottacere come ogni atto comporti un effetto sulla vita della società e che negli ultimi mesi questi effetti siano stati tutti negativi, peggiorando una situazione già precedentemente ampiamente compromessa».

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