Quasi quattro miliardi di Pnrr È il “piano Marshall” della Toscana

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Quasi quattro miliardi di Pnrr È il “piano Marshall” della Toscana

l Tirreno, Cronaca Toscana 

Quasi quattro miliardi di Pnrr

È il “piano Marshall” della Toscana

Regione “virtuosa” capace di spendere a pieno le risorse ottenute dall’Europa

Nel rilancio post-Covid c’è tutto: lotta alla siccità, rinnovabili, infrastrutture

L’elenco dei finanziamenti scivola via rapido, cifra dopo cifra. Per la Toscana ci sono 104 milioni per mettere in sicurezza il territorio «dal rischio di frane e allagamenti», una delle emergenze degli ultimi anni. Poi 57,4 milioni per la «manutenzione degli invasi (bacini, dighe grandi e piccole) in un’ottica di gestione sostenibile delle risorse idriche». È la lotta alla siccità che solo a Grosseto ha provocato danni per 100 milioni in pochi mesi. E via così: quasi 40 milioni per trasformare i depuratori in “fabbriche verdi”; 55 milioni per le energie rinnovabili. Di cifra in cifra si fa presto ad arrivare a 3,7 miliardi. «Un nuovo piano Marshall per l’Italia e molti Paesi europei» esordisce il professor David Natali, ordinario di Scienza Politica alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, riferendosi al Pnrr, piano nazionale di ripresa e resilienza finanziato dall’ Europa. «L’Italia – osserva il docente – ha fatto la parte del leone in Europa con il Pnrr: fra risorse a fondo perduto e prestiti a tassi agevolati derivanti comunque dall’Unione Europea, ha ottenuto 191 miliardi che diventano oltre 200 coi fondi complementari del governo. L’Italia ha deciso di sfruttare sia le risorse a fondo perduto del Pnrr sia tutti i prestiti messi a disposizione dall’Unione europea perché, con il debito pubblico che ha, risulta avvantaggiata dai tassi accordati dalla Commissione Europea (molto più bassi di quelli che strapperebbe sul libero mercato)».I fondi dell’Unione Europea, però, non si fermano (solo) a Roma. L’Unione Europa su questo – precisa Natali – ha dettato regola precise, pena la revoca dei finanziamenti. Che incombe anche nel caso in cui i progetti non siano ultimati e rendicontati entro agosto 2026. Dei 191 miliardi, dunque, il 40% è destinato al Sud «in base a una priorità trasversale stabilita dall’Europa: la riduzione dei divari territoriali. L’Ue spinge per la riduzione delle disuguaglianze fra le diverse aree geografiche del Paese, in modo da sviluppare di pari passo i potenziali di crescita fra territori». Tolto, comunque, questo 40% una parte sostanziosa del Pnrr è destinata alle autonomie locali, ai territori, ai Comuni: sono «66,4 miliardi per garantire alle Regioni di sviluppare i propri progetti di ripresa economica dopo la fase pandemica» ribadisce il professore Natali. Insomma riaprire i cantieri per far girare l’economia che affronta una crisi da guerra mondiale. Ma i fondi non si possono usare in libertà. L’Unione Europea dà indicazioni stringenti: le risorse – assegnate alle Regioni in base a Pil, andamento dell’economia, mercato del lavoro, disoccupazione, popolazione – devono essere impiegate in sei “missioni” articolate in vari interventi. Di queste la più importante è la Transizione verde, transizione ecologica e la lotta al cambiamento climatico. Per questa voce l’Italia ha stanziato circa 20 miliardi, la Toscana 1.127, 5 miliardi, quasi un terzo dell’intero Pnrr regionale, adeguandosi alla direttiva della Commissione. Anche prevedendo interventi su infrastrutture e bus “verdi”. Del resto la Toscana in Europa è conosciuta come Regione virtuosa nell’utilizzo dei fondi comunitari. Più della maggior parte delle Regioni e dello stesso governo italiano. Ci sono elementi che lo confermano. Restando in ambito di Pnrr, la Toscana è la Regione del Nord che ha ottenuto più fondi – fa presente Natali – per gli interventi di “Rigenerazione urbana”, per i quali, ancora una volta, la priorità è stata data al Sud: 1,8 miliardi su 3,3. «Si tratta – riprende Natali – di interventi realizzati a livello comunale o da enti territoriali (con supervisione delle Regioni) finalizzati ad affrontare sacche di disagio sociale anche di tipo urbano a livello territoriale». In sostanza, si prende un quartiere degradato, si ristrutturano piazze, scuole, si termina una fabbrica mai finita in modo da creare «più occasioni di lavoro, da ridurre disoccupazione, sacche di povertà». La Campania con circa mezzo miliardo è la Regione che ha ottenuto più fondi, ma poco distanziata segue la Toscana con più di 300 milioni «perché è fra le regioni all’avanguardia, per buone pratiche, realizzazione di progetti». Nel caso della Rigenerazione urbana, infatti, ha già selezionato 202 interventi in 51 Comuni con più di 15mila abitanti. In più ha messo oltre 93 milioni per la riqualificazione delle case popolari su tutto il territorio. Proprio il fatto di essere in grado di sfruttare tutte le risorse europee ottenute (su varie linee di finanziamento) ha consentito alla Toscana di ottenere altri 491 milioni di fondi europei sul Fesr (Fondo europeo di sviluppo regionale da 1,23 miliardi) e 433 milioni sul Fes+ (fondo di coesione sociale da oltre 1 miliardo).Anche su questo rigore e capacità di spesa la Toscana si distacca dall’Italia che nell’utilizzo delle risorse ottenute dall’Ue, al contrario, si è sempre distinta in negativo. «I dati aggiornati al 2021 con riferimento alla vecchia programmazione finanziaria – ammette il professor Natali – dicono che il nostro Paese ha impiegato solo il 43% delle risorse assegnate, a fronte di una media europea del 51%. Eravamo penultimi con Spagna e Croazia». E ora c’è il rischio che la situazione possa anche peggiorare, malgrado le rassicurazioni di Draghi. Infatti – spiega Natali – la rendicontazione dei fondi del Pnrr è più complessa dei fondi di coesione ordinari «che era solo di tipo amministrativo. Con il Pnrr la Commissione europea chiederà non solo di dimostrare la regolarità contabile e amministrativa, ma anche che le risorse sono state spese bene nei tempi imposti (entro il 2026). E che, almeno in parte, gli obiettivi di partenza dei progetti sono stati raggiunti». Se così non sarà, i fondi verranno bloccati. La Commissione proporrà la revoca e il Parlamento valuterà come comportarsi. Come sta accadendo con l’Ungheria che, a detta dell’Eu, non ha neppure i pre-requisiti per ottenere i fondi. 

Ilaria Bonuccelli

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