Raccolta differenziata a due velocità durante l’emergenza

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Raccolta differenziata a due velocità durante l’emergenza

Italia Oggi

Raccolta differenziata a due velocità durante l’emergenza

Italiani virtuosi durante la pandemia. Almeno a livello privato. Mentre il Paese si fermava per il lockdown di primavera, l’attenzione delle famiglie per l’ambiente ha segnato una accelerazione. Le cose non sono andate altrettanto bene in ambito aziendale. La foto scattata dal rapporto Fise Unicircular-Fondazione per lo sviluppo sostenibile

di Tancredi Cerne

Italiani virtuosi durante la pandemia. Almeno a livello privato. Mentre il Paese si fermava per il lockdown di primavera, l’attenzione delle famiglie per l’ambiente ha segnato una accelerazione rispetto al passato arrivando a registrare un incremento significativo nel ricorso alla raccolta differenziata. È così che si scopre che nei primi quattro mesi del 2020 il riciclo dei rifiuti d’imballaggio domestico ha segnato una crescita del 7% a livello nazionale, sospinta dall’aumento del commercio on-line. Mentre quello dei prodotti in vetro e in plastica è aumentato del 5-6% a fronte del +10% registrato da carta e acciaio. Le cose non sono andate altrettanto bene spostando l’attenzione dall’ambito privato a quello aziendale. Nello stesso periodo dell’anno, infatti, tutte le filiere legate alle attività industriali e commerciali hanno registrato una contrazione superiore al 10% delle proprie attività. «L’aumento del rifiuto domestico è stato controbilanciato dalla diminuzione di quello da utenze collettive (mense, ristoranti, pubblici esercizi). Equilibrio che si è ristabilito a partire da maggio-giugno con la ripresa di tutte le attività produttive, commerciali e turistiche», hanno spiegato gli esperti della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e del Fise Unicircular, in occasione della presentazione del rapporto «L’Italia del riciclo».

Ma esistono altri due effetti negativi della pandemia sulla gestione della raccolta differenziata: da una parte, la riduzione degli sbocchi esteri (chiusure e rallentamenti doganali) e di quelli nazionali per via del blocco di alcuni settori produttivi (come per esempio l’automotive e l’edilizia) che hanno determinato un crollo della richiesta di materie prime riciclate e una maggiore competizione da parte delle materie prime vergini per il crollo dei loro prezzi; dall’altra, il rallentamento e i tagli degli investimenti programmati nel settore dei rifiuti con oltre il 65% degli imprenditori che prevedere una riduzione dei futuri investimenti. «È necessario che si definiscano rapidamente dei decreti nazionali per le diverse filiere end of waste e la semplificazione delle procedure di controllo sulle autorizzazioni», ha avvertito Paolo Barberi, presidente di Fise Unicircular. «L’emergenza ha evidenziato alcune carenze di dotazione impiantistica e la necessità di nuove tecnologie di riciclo per alcune tipologie di rifiuti (plastiche miste e alcuni Raee)». A parere di Barbieri, il sistema italiano del riciclo è dunque in grado di affrontare i nuovi e più ambiziosi target europei per l’economia circolare a patto che si facciano ulteriori sforzi per migliorare la qualità delle raccolte e dei materiali da riciclo, venga promosso l’uso dei prodotti circolari e siano recuperati i ritardi e le carenze impiantistiche ancora presenti in alcune zone del Paese.

Secondo la visione del Fise Unicircular, con l’aumento della quantità di rifiuti riciclati, si dovrà infatti promuovere un impiego più consistente dei materiali generati dal riciclo dei rifiuti, rafforzando il ricorso a prodotti e beni riciclati negli acquisti pubblici verdi e introducendo l’obbligo di un contenuto minimo di riciclato, anticipando così le azioni previste dal nuovo Piano europeo sull’economia circolare. Senza tralasciare la questione dei prezzi di acquisto dei beni circolari e i reali vantaggi e costi di natura ambientale. E quando questo non dovesse avvenire, allora occorrerebbe intervenire con il contributo ambientale, con la fiscalità, o con un uso combinato dei due strumenti, per disincentivare gli impatti negativi sull’ambiente.

«Per sviluppare l’economia circolare, favorire innovazione e nuovi investimenti, sarebbe molto utile ridurre i tempi troppo lunghi per le autorizzazioni di attività di riciclo di rifiuti che generano prodotti affidate alle regioni e oggi sottoposte a un doppio regime di controllo a campione, non previsto dalle Direttive europee e non richiesto in nessun altro Paese europeo», ha sottolineato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile. «Nell’uso delle risorse europee del Recovery fund è inoltre necessario finanziare la ricerca e l’innovazione delle tecniche di riciclo in settori critici che hanno importanti potenzialità ambientali e di sviluppo, e finanziare l’innovazione per migliorare la riciclabilità di alcuni prodotti aumentando l’impiego di materiale riciclato in sostituzione di materie prime vergini».

I dati del 2019. Prima dell’avvento della pandemia l’Italia si stava muovendo a passi veloci nella giusta direzione in tema di raccolta differenziata. La conferma è contenuta nella polaroid scattata dal rapporto «L’Italia del riciclo», secondo cui, lo scorso anno, il riciclo degli imballaggi ha mantenuto un buon andamento con 9,6 milioni di tonnellate avviate a recupero di materia (il 3% in più rispetto al 2018) e un tasso di riciclo complessivo che ha raggiunto il 70% sull’immesso al consumo. Mentre i tassi di recupero dei rifiuti d’imballaggio si sono assestati su livelli di avanguardia in Europa: 81% per la carta, 77% per il vetro, 46% per la plastica, 63% per il legno, 70% per l’alluminio e 82% per l’acciaio. Ancora lontana dagli obiettivi europei, invece, la raccolta dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) che ha raggiunto il 38% (in crescita del 10%), ma distante dall’obiettivo del 65% fissato per il 2019. Stesso discorso per la raccolta delle pile (43%, due punti sotto il target di Bruxelles), così come la percentuale di reimpiego e riciclo dei veicoli fuori uso, al di sotto della soglia dell’85% del peso del veicolo, ben lontana dal target del 95% di recupero complessivo previsto per il 2015. Trend in crescita, invece, per la filiera dei rifiuti tessili (+10% della raccolta differenziata), quella dei rifiuti da costruzione e demolizione (con un tasso di recupero arrivato al 77%), gli oli minerali (47%) e gli oli vegetali esausti (riciclo al +9% rispetto al 2018). Bene anche il recupero della frazione organica (+7,5%), la principale porzione in peso dei rifiuti urbani. Mentre per quanto riguarda gli pneumatici fuori uso, la raccolta ha raggiunto l’obiettivo nazionale, avviando a recupero di materia 151 mila tonnellate e a recupero energetico 116 mila tonnellate.

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