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Rifiuti: raccolta VS smaltimento

Dal 2014 i comuni dell’Ato Toscana Sud si sono aggregati per la gestione, ma lo smaltimento rimane un capitolo a parte

Il modello di gestione dei rifiuti che da nove anni è in essere in tutta l’area della Toscana meridionale ha ridotto sensibilmente le prerogative decisionali dei singoli comuni, soprattutto per ciò che concerne lo smaltimento dei rifiuti. All’interno di tale esteso ambito geografico, ciò non consente dunque a quegli enti che rappresentano direttamente i cittadini di adottare soluzioni politiche proprie: le decisioni che definiscono le strategie attraverso le quali viene espletata la gestione dei rifiuti sono prevalentemente assunte dall’Assemblea dell’ATO Toscana Sud, ovvero da un composito gruppo di sindaci (o assessori con delega) caratterizzati da orientamenti politici, sensibilità culturali e programmi elettorali piuttosto diversificati. Ne consegue che, all’interno di questa compagine eterogenea, a determinare realmente l’esito di certe scelte siano i comuni con maggiori quote rappresentative, cioè quelli che producono più rifiuti (indifferenziati e differenziati) e, ancor di più, quelli che ospitano impianti di smaltimento all’interno del proprio territorio.

Dato che diversi comuni che appartengono ad almeno una di queste due categorie sono anche soci delle società che gestiscono gli impianti dell’intera macro-area, non è improprio affermare che le politiche di smaltimento e trattamento di 104 comuni vengono principalmente decise da coloro che introitano indirettamente dall’erogazione dei relativi servizi: ad esempio, il Comune di Siena detiene quote di Sienambiente, ovvero la società che gestisce il termovalorizzatore di Poggibonsi e gli impianti di Le Cortine (Asciano) e Poggio alla Billa (Abbadia S. Salvatore), mentre quello di Arezzo è socio di Aisa, cioè la società che gestisce l’impianto di San Zeno (Arezzo). Contestualmente, oltre ad occuparsi di smaltimento, sia Sienambiente che Aisa sono anche soci di Sei Toscana e di conseguenze pure i due comuni sopracitati, assieme agli altri che fanno parte delle stesse partecipate, sono sia dentro il soggetto che richiede il servizio, Sei Toscana, sia all’interno della società che lo offre, oltre che all’interno dell’Assemblea dell’Ato che ne convalida le tariffe.

In questo sistema i comuni più piccoli che non hanno impianti non possono dunque fare altro che sottostare passivamente a quanto viene deciso dall’Assemblea dell’Ato e accettare, più o meno di buon grado, piani economici finanziari contenenti voci ed importi che hanno contribuito a definire soltanto in minima parte e senza la possibilità di dare seguito ad intendimenti politici che possano essere in linea con le volontà dei cittadini rappresentati.

Di fronte a questa complessa matassa di scatole cinesi, considerata l’impossibilità per molti comuni di incidere sui processi decisionali, nonché l’esigenza di sgombrare il campo dall’eventuale spettro di un potenziale conflitto d’interessi, sarebbe bastato riformulare l’intero sistema di gestione dei rifiuti incorporandoci dentro anche lo smaltimento. Questo però 10 anni fa – cioè al momento della gara – non è stato previsto ed oggi, nonostante il ciclico riemergere di certe criticità, non si rileva l’effettiva volontà, né dell’ATO, nè delle altre istituzioni pubbliche, di elaborare ed apporre correttivi ad un modello che sin dall’inizio ha avuto una gamba zoppa: quella dello smaltimento.

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