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Servizi pubblici, va a Iren il premio come migliore utility d’Italia

Greenreport

Presentati i risultati di Top Utility 2021

Servizi pubblici, va a Iren il premio come migliore utility d’Italia

Michaela Castelli (Utilitalia): «Grazie a un importante piano di investimenti su cui le nostre aziende si sono già impegnate e con l’auspicabile sostegno del Recovery fund, il contributo delle utility alla ripresa del Paese in chiave sostenibile può diventare decisivo»

Di Luca Aterini

Un cittadino può anche non preoccuparsi dei servizi pubblici – e spesso quando non ci sono problemi di sorta funziona proprio così –, ma si tratta di un’illusione scivolosa perché in ogni caso sono i servizi pubblici ad occuparsi del cittadino: da sole, le 100 maggiori utility nazionali coprono la metà dell’energia elettrica generata in Italia (51,6%) e quasi tre quarti delle vendite finali (73,6%), oltre al 36,7% dei volumi di gas distribuiti e il 57,4% di quelli venduti; infine, il 61,8% dell’acqua distribuita e il 36,7% dei rifiuti urbani raccolti.

A mettere in luce questa realtà è lo studio “Le performance delle utility italiane. Analisi delle 100 maggiori aziende dell’energia, dell’acqua, del gas e dei rifiuti” presentato questa mattina da Alessandro Marangoni – ceo di Althesys e capo del team di ricerca – nel corso del Top Utility 2021, la IX edizione dell’ormai tradizionale evento organizzato in collaborazione con Utilitalia che fa il punto dello stato dell’arte nei settori acqua, energia e rifiuti, atteso anche per i premi alle migliori società dei servizi pubblici.

Quest’anno la medaglia d’oro è andata al gruppo Iren, multiutility a maggioranza pubblica tra le prime 25 aziende industriali italiane per ricavi, che tra le operazioni andate a buon fine nel 2020 può vantare l’acquisto di una realtà come Unieco ambiente che le ha permesso di allargare in ampiezza e profondità le proprie attività sul territorio. Soprattutto, Iren nell’anno della pandemia ha presentato un Piano industriale al 2025 basato su 3,7 miliardi di euro d’investimenti nella “multicircle economy”, e dunque con un’attenzione importante ai temi dello sviluppo sostenibile.

«Il riconoscimento – commenta Massimiliano Bianco, ad di Iren, che ha ritirato il premio – è una testimonianza dell’importante percorso di sviluppo condotto dal Gruppo negli ultimi anni, con un focus sempre più marcato sulla sostenibilità e caratterizzato da una crescita sul territorio nazionale accompagnata da un costante impegno e attenzione alla qualità del servizio sui territori grazie a investimenti in costante crescita anno dopo anno».

Ma è nel suo complesso che «il settore dei servizi pubblici – rileva l’economista  Marangoni – mostra, anche in questo momento di crisi, alcuni chiari segnali di trasformazione. Il più importante è legato all’impegno delle imprese verso gli obiettivi della sostenibilità, il secondo punta allo sviluppo delle infrastrutture e alla digitalizzazione che concorrono all’aumento della resilienza del sistema. In un quadro che è ancora disomogeneo, le utility italiane si confermano elemento portante del sistema economico e giocano un ruolo cruciale nel rilancio dell’Italia».

Un quadro dove naturalmente non c’è solo Iren. Nella classifica Top Utility, ad esempio, prima per il premio AWS-Sostenibilità è la pesarese Marche Multiservizi; per la Comunicazione si è distinta la modenese AIMAG, nella categoria Consumatori e territorio il riconoscimento è andato alla toscana Acque Spa; per la categoria Diversity ha vinto il Gruppo Hera; infine per la categoria Sud è stata premiata la campana Gori del Gruppo Acea.

Più in generale, con oltre 102 miliardi di ricavi – pari al 6% del Pil italiano 2019 – e più di 153.000 addetti, le utility Top 100 si confermano realtà di grande rilevanza sia economica che sociale; resta però immutato il quadro di forte frammentazione, nel quale le grandi multiutility con ricavi superiori al miliardo sono solo il 12% del totale, mentre più della metà delle imprese (il 54%) è costituito da monoutility con meno di 100 milioni di fatturato. Lo studio indica anche che le principali utility sono in prevalenza con capitale interamente pubblico (62%) o capitale misto (25%).

Nell’ultimo anno analizzato gli investimenti delle Top 100 hanno raggiunto i 7,2 miliardi, (+10% a perimetro omogeneo sul 2018): un valore che corrisponde allo 0,4% del Pil italiano del 2019 e al 2,2% degli investimenti fissi lordi. Con oltre 3 miliardi di euro, quelli nel settore elettrico sono sempre la quota principale (42,2%), anche se in calo del 2% sul 2018. Cresce il peso delle multiutility, che nel 2019 hanno investito oltre 2,7 miliardi (+23,3% sul 2018). Le monoutility idriche hanno investito più di 1,2 miliardi (+23,4%), mentre il gas si è attestato su livelli analoghi ai precedenti (91,1 milioni, +1,4%). Forte calo invece per il settore dei rifiuti (-33,8%), dove le contestazioni Nimby e Nimto contro ogni genere d’impianti – per quanto utili in un’ottica d’economia circolare – restano all’ordine del giorno.

Ma se questa è la fotografia del passato, è importante sottolineare soprattutto come dai servizi pubblici passino adesso fondamentali possibilità di sviluppo sostenibile nell’ottica indicata dall’Europa per la stesura del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

«Investimenti, sostenibilità e resilienza – commenta la presidente di Utilitalia, Michaela Castelli – sono i tre assi portanti sui quali si sta muovendo il mondo delle utilities. Lo studio evidenzia come quanto più le imprese sono qualificate e orientate a un approccio industriale, tanto più crescono gli standard di qualità dei servizi offerti ai cittadini. Grazie a un importante piano di investimenti su cui le nostre aziende si sono già impegnate e con l’auspicabile sostegno del Recovery fund, il contributo delle utility alla ripresa del Paese in chiave sostenibile può diventare decisivo».

Solo venti giorni fa, le aziende associate a Utilitalia hanno presentato proposte d’investimento da 25 miliardi di euro che potrebbero trovare spazio nel Pnrr: 14 mld di euro nel comparto idrico, 7 in quello energetico e 4 sulla gestione rifiuti. Insieme garantirebbero al Paese, oltre che un miglior profilo di sostenibilità ambientale, 285mila posti di lavoro.

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