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Greenreport

Una riforma fiscale per la transizione ecologica: sarà la volta buona?

Adeguare la tassazione sull’energia è necessario ma non sufficiente, servono incentivi al riciclo

Di Luca Aterini

Nei giorni scorsi è approdato in Parlamento il ddl delega sulla riforma fiscale approvato dal Governo Draghi: l’iter legislativo dovrebbe durare non meno di due anni e dunque i tempi non sono maturi per poter valutare compiutamente il testo, anche se tra i dieci articoli del ddl merita un tiepido ottimismo – in un’ottica di transizione ecologica – la norma introdotta all’art. 5.

Alla voce “Razionalizzazione dell’imposta sul valore aggiunto e di altre imposte indirette” è stato infatti piantato un seme che potrebbe alimentare una riforma fiscale in senso ecologico, almeno per quanto riguarda il fronte energetico: tramite decreti legislativi ancora da scrivere, il Governo è infatti delegato a introdurre norme per “adeguare in coerenza con l’European Green Deal e la disciplina europea armonizzata dell’accisa, le strutture e le aliquote della tassazione indiretta sulla produzione e sui consumi dei prodotti energetici e dell’energia elettrica, con l’obiettivo di contribuire alla riduzione progressiva delle emissioni di gas climalteranti e alla promozione dell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ed ecocompatibili”.

Si tratta di una potenziale buona notizia, dato che il mondo dell’energia italiano rappresenta ad oggi un covo di sussidi ambientalmente dannosi.

Basti pensare che secondo l’ultimo Catalogo pubblicato dal Governo stesso, l’Italia sovvenziona i combustibili fossili per un ammontare pari a 17,7 miliardi di euro l’anno; una cifra che supera di gran lunga quella imputata ai sussidi ambientalmente favorevoli (15,3 mld di euro annui).

Rimodulare queste risorse nell’ottica indicata dalla transizione ecologica, senza andare a impattare sulle fasce sociali più deboli – che peraltro sono anche quelle meno responsabili per la crisi climatica in corso – non solo è possibile ma anche auspicabile, pure dal punto di vista meramente economico.

Non a caso progetto concreto d’intervento lo fornisce direttamente il ministero della Transizione ecologica, simulando gli effetti sul Paese di una rimodulazione dei sussidi alle fossili verso più sostenibili lidi. In tutti gli scenari presi in considerazione, l’operazione risulta conveniente: non solo le emissioni di gas serra italiani si ridurrebbero in modo significativo, ma in due scenari su tre anche l’occupazione aumenterebbe rispettivamente del 2,3% e del 4,2%.

Ancora non è dato sapere se il Governo Draghi deciderà di proseguire su questa strada per quanto riguarda la rimodulazione del fisco sull’energia, ma è certo che finora nella delega per la riforma fiscale non compare l’altra grande gamba della transizione ecologica: l’economia circolare.

«È auspicabile, dunque – spiega Fabrizio Vigni del Circular economy network – che in sede di esame parlamentare le legge delega venga corretta e integrata, estendendo il criterio di riforma previsto dall’articolo 5 anche alla struttura e alle aliquote della tassazione indiretta sui prodotti e sui consumi per accelerare la transizione all’economia circolare, in coerenza con l’European Green Deal.  Orientare attraverso la leva fiscale le produzioni e i consumi verso la circolarità – in particolare incentivando l’uso di materie prime seconde – è una delle condizioni necessarie per migliorare il tasso di utilizzo circolare delle risorse, sviluppare ulteriormente gli investimenti e rafforzare le potenzialità del nostro paese in questa sfida di valore strategico».

Si tratta di un’esigenza pressante, dato che ad oggi in Italia gli incentivi al riciclo sono praticamente inesistenti, nonostante i numerosi tentativi occorsi negli ultimi anni di rimediare almeno in parte a questo paradosso.

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