Al Forum di Legambiente prende forma la nuova economia circolare toscana

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Greenreport

Grande interesse verso gli impianti waste to chemicals, per evitare nuovi inceneritori

Al Forum di Legambiente prende forma la nuova economia circolare toscana

«La teoria rifiuti zero che alcuni pensano che corrisponda a impianti zero, non esiste: bisogna affrontare questo tema nella sua complessità con un pieno coinvolgimento dei territori»

Di Luca Aterini

Si è svolta stamani a Prato la VI edizione del Forum dell’economia circolare di Legambiente Toscana, la prima in grado di declinare la transizione ecologica – finanziabile anche dai fondi europei incardinati nel Pnrr – come strumento fondamentale della ripresa socioeconomica dal dramma della pandemia. Un’opportunità di cambiamento unica, che ci richiama tutti alla responsabilità di fare delle scelte; possibilmente quelle giuste e non solo le più comode.

«Sono particolarmente orgoglioso di questa edizione del Forum – dichiara il presidente di Legambiente Toscana, Fausto Ferruzza – perché se istituzioni, aziende, università e associazionismo faranno la loro parte, nel prossimo lustro avremo modo concretamente di mettere in opera il nuovo Piano regionale per l’economia circolare (Prec), che non è solo un acronimo diverso rispetto al vecchio Prb, ma proprio un modo nuovo di approcciare il tema dei flussi di materia: per questo chiediamo a gran voce trasparenza su tutte le progettazioni di impianti, che dovranno atterrare sui nostri territori. Dovremo essere capaci di convincere le persone che ci sono delle scelte necessarie da fare, ed è il momento di farle perché le abbiamo posticipate troppe volte; spesso scelte impopolari, ma se spieghiamo bene l’argomento del contendere possiamo essere capaci di mettere insieme luoghi, comunità, esperienze e innovazioni».

Non a caso al centro del Forum è arrivato il tema delle dotazioni impiantistiche per gestire i rifiuti che generiamo ogni giorno, dotazioni ampiamente insufficienti in Toscana – sia sul fronte dei rifiuti urbani, sia su quello degli speciali – dopo il fallimento pressoché completo del vigente Piano rifiuti e bonifiche (Prb).

«La teoria rifiuti zero che alcuni pensano che corrisponda a impianti zero, non esiste: bisogna affrontare questo tema nella sua complessità – argomenta il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani – Spendendo fino all’ultimo centesimo i fondi Pnrr, ma evitando che il Paese diventi un territorio in cui si fa una guerra civile diffusa, perché si apriranno decine di migliaia di cantieri. Questo deve avvenire mettendo in campo un pieno coinvolgimento dei territori, per evitare quello che abbiamo visto fino ad oggi quando anche per l’apertura di un’isola ecologica o di un centro raccolta rifiuti si crea una contestazione, che porta poi a non realizzare neanche infrastrutture banalissime».

Parlano chiaro i dati presentati recentemente proprio da Legambiente: gli italiani stanno iniziando a capire che l’economia circolare non esiste senza industria, ma il 51% dei cittadini non vuole neanche gli impianti socialmente più accettabili – quelli dedicati al riciclo – a meno di 10 km da casa propria. Che in un Paese ad alta densità abitativa come il nostro, significa non volerli proprio. Figurarsi cosa accade agli impianti di recupero energetico o alle discariche, comunque presenti nella gerarchia Ue dei rifiuti sebbene in coda.

«Dobbiamo garantire comunque una soluzione ai problemi irrisolti per quei flussi di rifiuti come le plastiche miste che vanno nei cementifici, nei termovalorizzatori all’estero o in discarica – aggiunge Ciafani – È necessario mettere in campo un percorso di accompagnamento e di informazione verso le nuove tecnologie: penso ai progetti di gassificazione per produrre idrogeno e metanolo dalle plastiche miste, una questione su cui c’è stata una fortissima spaccatura della comunità locale per esempio a Livorno nei mesi scorsi. Ecco noi pensiamo che l’innovazione debba essere conosciuta e raccontata per bene, accompagnata. Non si devono fare guerre ideologiche ma valutare le nuove opportunità tecnologiche mettendo in campo quell’azione di coinvolgimento dei territori che è fondamentale, altrimenti si perdono delle occasioni e si continuerà a praticare quell’economia circolare che non ci è mai piaciuta: quella che fa circolare i rifiuti per il Paese o magari in giro per l’Europa».

Un’esigenza che sembra condivisa anche dai gestori dei servizi d’igiene urbana negli Ato Toscana centro e costa – rispettivamente Nicola Ciolini per Alia e Daniele Fortini per Retiambiente –, intervenuti oggi al Forum di Legambiente.

Ciolini che è anche presidente di Revet, uno dei principali hub per l’economia circolare nell’Italia centromeridionale, con un know how d’eccellenza proprio nel riciclo della componente poliolefinica delle plastiche miste citate da Ciafani, ha infatti anticipato che «tra gli impianti che come Alia presenteremo alla Regione nell’ambito dell’avviso pubblico per il Prec ci sono quelli basate sulle tecnologie waste to chemicals; naturalmente questo avrà bisogno di un percorso di partecipazione con le amministrazioni e coi territori, cui noi destineremo risorse e tempo come priorità, anche perché l’esperienza di Case Passerini non dovrà mai più ripetersi».

Fortini ha invece posto l’accento sull’altra frazione di rifiuti che potrebbe trovare grande giovamento dai gassificatori waste to chemicals, ovvero il Combustibile solido secondario (Css): «Il Css deve essere deviato dai forni di incenerimento. Se come tutti auspichiamo, grazie all’avanzamento della tecnologia, è possibile affidarlo ai impianti di recupero per ricavare biofuel, dobbiamo farlo. Condividiamo l’approccio che la Regione sta dando alla redazione del nuovo Piano per l’economia circolare, perché andiamo verso una redazione condivisa che sollecita i territori alle scelte da prendere: è il primo passo per far sì che i cittadini siano davvero coinvolti».

«I Piani rifiuti toscani finora avevano un approccio molto muscolare, con la Regione che decideva la localizzazione degli impianti, ma non ha funzionato granché: penso al termovalorizzatore Case Passerini, pianificato da vent’anni, non realizzato e finito in un bagno di sangue. Il nuovo approccio che introduciamo è più dialogante – conclude nel merito l’assessora all’Ambiente, Monia Monni –  costruiamo un percorso dove la localizzazione è solo l’ultimo punto che ci interessa. Abbiamo deciso di farlo adottando l’avviso pubblico presentato nella giornata di ieri: uno strumento inedito che non esiste in nessun’altra Regione, e che terremo aperto fino a febbraio. Da parte dei gestori stanno emergendo proposte per impianti di gassificazione con successiva raffinazione del syngas, e la sua trasformazione in idrogeno, metanolo o etanolo: una soluzione tecnologicamente molto innovativa a cui noi guardiamo con grande interesse, perché oggettivamente potrebbe andare a costituire un pezzo importante dell’industria del riciclo e del recupero che noi vogliamo costituire. Questo è un impegno che prendo: su ogni impianto che decideremo di fare insieme alle amministrazioni locali e ai cittadini, attiveremo adeguati percorsi di coinvolgimento della popolazione. Vogliamo che il progresso che la nostra Regione si sta organizzando per affrontare sia compreso e condiviso da tutte e da tutti».

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