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Greenreport

Ampliamento discarica Podere Rota, prima dell’inchiesta pubblica parte la bagarre politica

Sette Comuni del Valdarno (ma non quello sede d’impianto) contrari al progetto in attesa di valutazione. La società: «Ricondurre il dibattito sui binari della correttezza e soprattutto all’interno del percorso partecipativo che la Regione Toscana ha già messo in piedi»

Di Luca Aterini

Il progetto presentato da Csai per un “adeguamento volumetrico della discarica per rifiuti non pericolosi di Casa Rota”, all’esame della Regione Toscana che dovrà prima rilasciare (o meno) il relativo Provvedimento autorizzatorio unico regionale (Paur) e che il 25 febbraio vedrà anche il via di un’inchiesta pubblica aperta a tutti i cittadini, si sta scontrando con la contrarietà di sette Comuni del Valdarno. Curiosamente non con quello dove ha sede l’impianto di Podere Rota – Terranuova Bracciolini –, ma con quelli del circondario.

Nei giorni scorsi i sette sindaci hanno inviato alla Regione le osservazioni nel merito al Paur e assunto pubblicamente una posizione congiunta nel merito, contenente però più inesattezze come successivamente sottolineato da Csai. Erano presenti Valentina Vadi, sindaco di San Giovanni Valdarno, Nicola Benini sindaco di Bucine, Enzo Cacioli sindaco di Castelfranco Piandiscò, Nicoletta Cellai vice sindaco di Loro Ciuffenna, Silvia Chiassai Martini sindaco di Montevarchi, Leonardo Degl’Innocenti O Sanni sindaco di Cavriglia, Simona Neri sindaco di Laterina Pergine Valdarno.

Il progetto prevede l’adeguamento volumetrico della discarica per rifiuti non pericolosi di Podere Rota attraverso la realizzazione di nuovi volumi da dedicare esclusivamente allo smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi. L’intervento previsto occuperà una superficie complessiva di 71.450 mq, di cui 24.920 mq in sopraelevazione della discarica attuale e i restanti su una nuova area di sedime e permetterà un adeguamento della capacità volumetrica della discarica di 800.000 mc, corrispondenti a circa 900.000 tonnellate da smaltire tra il 2022 e il 2027.

Volumetricamente si tratta di un ampliamento del 15% rispetto allo stato attuale della discarica, e prevede un investimento da una dozzina di milioni di euro. L’iniziativa s’inserisce all’interno di una più ampia, quella di Valdarno Ambiente da 24 milioni di euro, che punta a concretizzare un distretto industriale dedicato all’economia circolare attraversando tutta la gerarchia per la gestione rifiuti indicata dall’Ue: investimenti in prevenzione, nel recupero di materia (tramite potenziamento/realizzazione di impianti dedicati alla selezione dei rifiuti per l’avvio a riciclo), nel recupero di energia (biogas e biometano) e infine nello smaltimento finale in discarica.

I sette sindaci dichiarano di voler piuttosto «investire nel turismo d’arte e nel turismo paesaggistico» e dichiarano che «la discarica di Podere Rota, nata alla fine degli anni Ottanta per servire il Valdarno, è diventata, con il passare del tempo, un sito che serve non soltanto la provincia di Arezzo e l’Ato Sud, ma un sito interambito, con una quantità importante di rifiuti provenienti, ogni giorno, dalla zona fiorentina. Riteniamo che aver assolto a questo compito di supporto della cintura metropolitana per tanti anni, significhi aver fatto la propria parte con senso di responsabilità e di solidarietà, e che adesso non sia più rinviabile la chiusura».

Nessun riferimento invece ai flussi di materia (e dunque di rifiuti) necessari a sostenere un piano di investimenti per la realizzazione di impianti utili a risalire la gerarchia europea, in grado di garantire un presidio ambientale sul territorio – e dunque al proliferare di discariche abusive, anziché controllate – e rilevanti ricadute socioeconomiche (nel complesso il piano industriale «interessa il futuro di almeno 100 dipendenti diretti oltre all’indotto», dichiarano da Csai).

In compenso la pretesa “autosufficienza” locale nella gestione rifiuti non sembra confermata dai fatti. Posto che l’ampliamento richiesto riguarda una discarica per rifiuti speciali non pericolosi (e che in ogni caso larga parte dei rifiuti urbani dopo essere trattati diventano speciali), anche per quanto riguarda «la gestione degli urbani il Valdarno non è affatto autosufficiente, visto che – osserva Csai – tutta la raccolta differenziata da anni viene inviata altrove (la carta in Lucchesia, l’organico/umido ad Arezzo, il multimateriale a Pontedera, ecc.) e che l’alternativa salvifica, così spesso evocata, dell’inceneritore di Arezzo per gli indifferenziati non sarà percorribile nell’immediato futuro visti i tempi tecnici necessari per il revamping, che non sono affatto quelli rappresentati ai cittadini. Ricordiamo che già agli inizi del 2021 l’ATO Toscana Sud (cioè il nostro ambito di riferimento) ha chiesto ed ottenuto dalla Regione Toscana il permesso di esportare 20.000 ton. di rifiuti indifferenziati presso gli impianti dell’Ato Toscana Costa. Evidentemente già oggi siamo in sofferenza e non proprio autosufficienti come si vorrebbe far credere. Dettaglio non irrilevante poi da non nascondere ai cittadini è che il ricorso ad impianti fuori ambito non potrà non riflettersi sulle tariffe e quindi sui cittadini stessi e sulle aziende».

Al proposito è utile ricordare che, mentre a livello sia nazionale sia toscano si punta sempre più al traguardo dell’autosufficienza in ottica regionale e non di singolo Ato, in un anno in Toscana si producono 2,2 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e 9,8 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, che vagano in cerca di impianti autorizzati a gestirli: secondo le stime elaborate da Ref Ricerche sono almeno 8.760 i tir carichi di spazzatura valicano ogni anno i confini regionali, con elevati costi ambientali (si pensi solo al relativo traffico e smog) oltre che per le aziende e per i cittadini, in termini di Tari più salate. La Toscana infatti ha un deficit impiantistico per la gestione dei propri rifiuti stimato in almeno 210.442 tonnellate/anno, tra rifiuti urbani e speciali.

«Non comprendiamo tante altre perplessità espresse da alcuni dei sindaci – continuano da Csai – a partire dagli ostacoli che l’ampliamento della discarica creerebbe allo “sviluppo del turismo, della filiera agroalimentare, dello sport e del benessere” specialmente in quei comuni distanti decine di km da Podere Rota e che non hanno nessun collegamento, né paesaggistico né geologico, con il nostro sito. Come pure non comprendiamo oggettivamente la preoccupazione di altri Sindaci per l’impatto dell’ampliamento, che ricordiamo rappresenta appena il 15% degli attuali volumi, sulla svalutazione degli immobili nel loro territorio. Tali preoccupazioni sulla tutela dell’ambiente, della salute e dello sviluppo sostenibile del Valdarno non ci pare siano state altrettanto manifestate verso le necessarie bonifiche delle discariche di Santa Lucia, Tegolaia e Forestello o verso impianti industriali ed energetici presenti sui loro territori.  Abbiamo infine notato, non senza stupore, l’atteggiamento pregiudizialmente ostile anche in alcuni Sindaci che oggi pubblicamente dichiarano di opporsi al nostro Piano industriale e che hanno invece chiesto, e ottenuto, e continuano a chiederci contributi economici per iniziative di promozione del loro territorio, quello stesso territorio su cui ci ascrivono, immotivatamente, la responsabilità diretta di un impatto negativo in ambito turistico, ambientale e perfino sanitario».

«Concludiamo – chiudono dalla società – con un invito rivolto a tutti, a partire dai rappresentanti delle istituzioni, a ricondurre il dibattito (e ogni legittima contrarietà all’ampliamente della discarica) sui binari della correttezza e soprattutto all’interno del percorso partecipativo che la normativa prevede e che la Regione Toscana ha già messo in piedi nel rispetto della legge e delle legittime aspettative e tutele dei cittadini».

Dopo una fase d’ascolto più ampia possibile resta però la responsabilità di decidere, perché un problema oggettivo – quello della generazione dei nostri rifiuti e dunque la necessità di una loro gestione sostenibile resta: sotto questo profilo l’ente preposto è e resta la Regione Toscana.

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