«Chi dice no all’inceneritore pensi anche ai lavoratori»

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«Chi dice no all’inceneritore pensi anche ai lavoratori»

Il Tirreno, Cronaca di Grosseto

Scarlino. La Regione ha avviato l’ennesima procedura autorizzativa all’inceneritore di Scarlino e le reazioni non si sono fatte attendere. Ma in mezzo alle polemiche ci sono ancora oggi i lavoratori, con le loro tragedie personali. «Ci sono loro e ci sono le innumerevoli promesse, da marinaio, fatte da politici troppo distratti dalla passata campagna elettorale, per pensare seriamente al loro futuro – dice Maurizio Russo, segretario provinciale dei chimici Cisal – Ma ci sono anche questioni tecniche che bisogna analizzare e approfondire». Citando la comunità Europea, il ciclo dei rifiuti risulta composto da cinque parti: ridurre al minimo la produzione, differenziare la raccolta in modo da recuperare alcuni materiali, riutilizzare tramite un ciclo industriale quanto viene differenziato, recuperare l’energia contenuta nella trazione residua dei rifiuti, proprio attraverso gli impianti di termovalorizzazione, mettere a discarica l’ulteriore residuo, che rappresenta la parte più negativa dei passaggi. «Piacciano o non piacciano, gli inceneritori fanno parte a pieno titolo del ciclo dei rifiuti, perché è la stessa economia circolare che impone il recupero energetico – aggiunge Russo – Ormai, purtroppo, è conosciuta da anni la posizione del “no a prescindere” dei sindaci e vari politicanti del territorio, ahimè si è aggiunta ultimamente anche la leghista dell’ultima ora di Scarlino, che per semplice tornaconto elettorale sono costretti, da sempre, a strizzare l’occhio ai vari comitati ambientalisti, senza proporre mai credibili soluzioni alternative all’incenerimento e soprattutto al futuro occupazionale del territorio, che dovrebbero invece rappresentare in tutte le sue parti». Chi è stato eletto sul territorio però, dovrebbe afidarsi esclusivamente al lavoro e agli studi delle istituzioni pubbliche preposte alla salvaguardia ambientale e sanitaria, «prima di esprimere un giudizio in merito a una questione culturale così spinosa – aggiunge – che non è possibile banalizzare appellandosi solo alla salute pubblica».Dopo l’ultima “chiusura” sono rimasti, nell’impianto di Scarlino, solo pochi lavoratori nell’attesa snervante di nuove autorizzazioni, «mentre la maggioranza degli ex dipendenti, ancora ad oggi – dice – risulta precaria o addirittura disoccupata, però ancora nessun paladino del “No a prescindere” sembra accorgersene».

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