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Dai rifiuti un contributo all’economia circolare, grazie a 10 miliardi di euro in 5 anni

Greenreport
Una proposta unitaria al Governo da Utilitalia, Confindustria, Assoambiente, Cgil, Cisl, Uil

In Italia mancano impianti, le norme sono troppo complesse e ci sono differenze abissali fra il sud ed
il nord del Paese: serve una strategia di modernizzazione del settore, in grado di portare lavoro e
scongiurare le emergenze sempre dietro l’angolo
Nella discussione sul Piano nazionale di rilancio economico arriva una proposta forte sui rifiuti. Le principali
associazioni di impresa italiane (Utilitalia, Confindustria e Assoambiente) e le principali organizzazione
sindacali (Cgil, Cisl e Uil) hanno firmato un documento congiunto indirizzato al Governo e al Parlamento,
intitolato “Dai rifiuti, un contributo all’economia circolare”.
Un documento unitario, quindi, che condivide analisi e proposte e mette insieme le idee delle imprese e dei
lavoratori, questa la prima novità e la forza del documento.
L’analisi: in Italia mancano impianti, le norme sono troppo complesse e ci sono differenze abissali fra il sud
ed il nord del Paese. La soluzione: serve una strategia di modernizzazione del settore, una politica
industriale che rafforzi il comparto, un piano di investimenti in impianti stimato in 10 miliardi di euro in 5 anni.
L’Italia rappresenta un paradosso: è uno dei più importanti distretti industriali del riciclo del mondo, ma
presenta enormi criticità nella gestione degli scarti e dei rifiuti non riciclabili. Mancano impianti di recupero
energetico, le discariche stanno esaurendosi, non ne abbiamo in numero sufficiente per i rifiuti pericolosi.
Inoltre mancano piattaforme per il riciclo e impianti di digestione anaerobica e compostaggio, specie al
centro-sud.
Conseguenza di questa situazione è che importiamo rottami di ferro ed esportiamo rifiuti da termovalorizzare
e rifiuti pericolosi, sia urbani che speciali. Il sistema è in equilibrio precario, aumentano gli stoccaggi e
l’emergenza rifiuti è dietro l’angolo ogni giorno, come testimoniano i molti incendi e l’enorme quantità di rifiuti
trasportati da una regione all’altra.
La novità: le aziende e i sindacati lanciano un appello al Governo. Inserire gli investimenti nel settore dei
rifiuti nel piano di rilancio economico del paese, puntando anche ad usare le risorse europee, per gli obiettivi
di economia circolare previsti dalle direttive europee e dalla legge di recepimento nazionale che fra poche
settimane entrerà in vigore.
Una proposta che tende a raggiungere obiettivi ambientali (riciclo, meno discarica) ma anche a generare
valore aggiunto, ricchezza e posti di lavoro stabili e qualificati. Investimenti ed innovazione per un settore
centrale nelle politiche green, ma spesso dimenticato. Una scelta urgente già negli anni scorsi, ma che
diventa indispensabile dopo la crisi Covid-19.
Servono nuovi impianti di termovalorizzazione, ampliamenti di discarica, impianti di digestione anaerobica,
piattaforme di riciclo, stoccaggi. Superato ogni tabù ideologico sulle scelte tecnologiche, in particolare per
realizzare termovalorizzatori, aziende e sindacati chiedono che si facciano gli impianti che servono, tutti i tipi
di impianto.Ma non basterà fare impianti. Occorre una regolazione moderna di un sistema complesso.
Non a caso aziende e sindacati propongono al Governo una strategia nazionale chiara ma anche una cabina
di regia istituzionale (all’interno della governance del Green New Deal).
Per promuovere il mercato del riciclo occorrono regole semplici (end of waste), competenze chiare,
semplificazione, ma anche strumenti economici nuovi, incentivi e disincentivi, una regolazione efficace a
livello nazionale e locale. Deve funzionare meglio la responsabilità estesa del produttore e il green public
procurement. Tutte cose che devono vedere il coordinamento del Governo attraverso il Mattm, il Mise e il
Me), del Gse, di Arera, delle Regioni, accanto alle rappresentanze di imprese e lavoratori. Un’alleanza
inedita ma efficace.
Le imprese vogliono crescere e vedono nell’economia circolare un’opportunità industriale. I sindacati vedono
la possibilità di migliorare la qualità del lavoro (con l’innovazione e la limitazione del lavoro manuale), la
riduzione dei rischi ed il miglioramento della sicurezza, ma vogliono anche generare nuova occupazione,
specie per le nuove generazioni. Servono azioni ed investimenti rapidi, serve un programma nazionale di
medio lungo periodo, ma servono anche accordi locali e regionali, sviluppando modelli di impresa a livello
territoriale che esaltino le specificità e le caratteristiche locali.
Insomma una proposta forte, che il Governo non può non ascoltare.
di Alfredo De Girolamo, presidente Confservizi Cispel Toscana

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