Il capo della Protezione civile vuole sveltire le operazioni di recupero. Due ecoballe sono state già rimosse dai palombari

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Il capo della Protezione civile vuole sveltire le operazioni di recupero. Due ecoballe sono state già rimosse dai palombari

Il Tirreno

Borrelli: «Un’ottima accelerazione

Contiamo di farcela entro settembre»

Manolo Morandini/piombino

«Contiamo di farcela entro agosto o al massimo settembre». È la previsione del capo della Protezione civile nazionale Angelo Borrelli a cui dal 22 luglio il Consiglio dei ministri, su proposta del presidente Giuseppe Conte, ha affidato il coordinamento delle operazioni per superare lo stato di emergenza, deliberato nella stessa seduta, dovuto alle 56 ecoballe disperse il 23 luglio 2015 dal cargo IVY, all’epoca battente bandiera della isole Cook, ovvero 63mila chili di plastiche eterogenee di combustibile solido secondario (Css), tra quelle collocate sul ponte delle 1. 888 trasportate, caricate al porto di Piombino e dirette al porto di Varna in Bulgaria per essere incenerite in un cementificio. Ne restano 38. Due, invece, sono state recuperate, tra il 7 e l’8 agosto, dal Gruppo operativo subacquei della Marina Militare. Tre unità navali specializzate, e gli assetti della Guardia costiera che hanno iniziato le operazioni attese da cinque anni. «Quanto accaduto in passato ad oggi non ci interessa – dice Borrelli -. Dobbiamo occuparci del presente. Dal momento che è stato superato l’impasse burocratico ce la stiamo mettendo tutta». E l’intenzione del sopralluogo al porto di Piombino, dove è stato allestito il Centro operativo avanzato della Protezione civile, è quella di sottolineare il passo giusto, trovato non senza ritardi e inciampi. Oltre a Borrelli ci sono il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, il presidente dell’Autorità portuale del mar Tirreno settentrionale Stefano Corsini e l’ammiraglio di divisione Giuseppe Berutti Bergotto, capo ufficio affari generali dello Stato maggiore della Marina. Tutti concordi nel sottolineare l’accelerazione che sta avendo l’operazione, finita per troppo tempo nelle secche della burocrazia. Anche se il tempo resta una variabile di non poco conto. Qualcuna di quelle ecoballe potrebbe sfaldarsi, non essendo stata progettata per resistere alle sollecitazioni che si hanno a profondità oltre i 40 metri e per così a lungo. Una bomba ecologica ad orologeria innescata da 5 anni. «Al question time al Senato mi è stato portato un bicchiere d’acqua con un bigliettino: “Grazie da Follonica”. Alcune delle persone che si occupano di questo servizio sono di questo territorio». A raccontarlo è il ministro dell’Ambiente Sergio Costa per sottolineare l’importanza delle sollecitazioni di richiesta di intervento arrivate da chi vive in questa zona. Quelle delle istituzioni, dalla Regione ai Comuni di Piombino e Follonica, alle tante mail inviate da cittadini al suo dicastero. «È una giornata importante per gli equilibri ambientali di queste terre, finalmente abbiamo dato il via alle operazioni di recupero delle 40 ecoballe residuali da 1,2 tonnellate l’una che dal 2015 giacciono sui fondali del golfo di Follonica», afferma il ministro. Che aggiunge: «Lo stato di emergenza e il lavoro della Protezione civile durerà 6 mesi, e sarà una lotta contro il tempo perché se queste balle piene di plastica dovessero aprirsi andremmo incontro a un disastro ambientale senza precedenti». Per superare lo stato di emergenza il governo ha stanziato 4 milioni di euro. Il presidente della Regione Rossi alla soddisfazione per l’avvio delle operazioni accompagna un invito. «Il canale di Piombino è uno dei tratti più frequentati, c’è un passaggio importante di navi e bisogna essere più vigili. Deve essere migliorata la regolazione». E ricorda non a caso il naufragio al Giglio della Concordia e i fusti di materiale tossico dispersi in prossimità della Gorgona dal cargo Venezia. «C’è soddisfazione per la risposta ricevuta dal territorio che ha saputo chiedere aiuto – afferma il sindaco di Piombino Francesco Ferrari -. Lo ha fatto nell’ultimo anno dopo che per quattro il problema era rimasto un po’ nascosto».

le tappe

Il 23 luglio del 2015 nelle acque di Cerboli

Poi anni di silenzio

Le tappe di un’emergenza annunciata. Il 23 luglio 2015 il cargo IVY in prossimità dell’isolotto di Cerboli perde 56 balle di rifiuti plastici pressati: 63. 000 chili. Il fatto è scoperto dalle autorità solo a distanza di mesi. A dicembre dello stesso anno il nucleo subacquei della Guardia costiera localizza l’area della perdita di carico. Mentre a marzo 2016 Arpat invia i risultati dei campionamenti: non risulta presenza di sostanze tossiche né metalli pesanti oltre i limiti. Si deve arrivare a gennaio 2019: il Ministero dell’Ambiente dice che le indagini «hanno fatto emergere che gli imballaggi stanno trasformandosi in spazzatura marina». Ma soli il 25 giugno con DPR l’ammiraglio ispettore Aurelio Caligiore è nominato commissario straordinario del governo per il recupero delle ecoballe. Ma il 20 dicembre l’Autorità garante per la concorrenza del mercato contesta la sua nomina. Ed ha inizio un lungo stallo da cui la burocrazia romana è uscita con grande difficoltà. Il 25 giugno 2020 arriva a scadenza naturale l’incarico di Caligiore. Il 22 luglio il governo delibera lo stato di emergenza nazionale e nomina commissario straordinario il capo dipartimento della Protezione civile nazionale Angelo Borrelli. Il 3 agosto viene allestito il centro operativo avanzato di Protezione civile al porto di Piombino e iniziano le attività di ricerca e recupero affidate alla Marina militare.

Venti palombari del Comsubin, due navi e supporto a terra che proseguono le operazioni del contrammiraglio Caligiore

Subacquei e specialisti

In 160 per la missione

«È un’attività delicata e abbastanza complessa perché si lavora a delle profondità al limite. Ma si tratta di un’operazione che rientra in quelle per cui siamo impiegati, dal recupero di rifiuti speciali dai fondali a quello di ordigni bellici della Seconda guerra mondiale». Dà la cornice l’ammiraglio di divisione Giuseppe Berutti Bergotto, capo ufficio affari generali dello Stato maggiore della Marina. Il 3 agosto al porto di Piombino sono arrivati i primi militari e mezzi per assolvere all’incarico di ricerca e recupero delle ecoballe disperse in prossimità dell’isolotto di Cerboli dal cargo IVY il 23 luglio 2015. Le precedenti attività di ricognizione effettuate dalla Guardia costiera hanno permesso di circoscrivere l’area di indagine e di identificare la posizione di 28 delle 40 ecoballe disperse, più alcuni bersagli, per dirla in gergo militare, che devono essere ancora verificati. C’è da evitare immersioni a vuoto, considerando i naturali spostamenti dovuti ai movimenti marini degli ultimi mesi.Venti i palombari del Gruppo operativo subacquei (Gos) del Comando subacquei e incursori (Comsubin) coinvolti. Sono parte della task force che tra gli equipaggi delle navi Caprera, 48 militari, Tedeschi (16) e Rimini (44), oltre al supporto a terra e il personale della Protezione civile nazionale e di Ispra e Arpat vedi in campo per l’emergenza ecoballe 160 uomini. I subacquei lavorano in coppia. Immersioni di mezz’ora su fondali nell’ordine dei -50 metri. E per ottimizzare i tempi di decompressione verrà utilizzano la tecnica del salto. In pratica, completando il ciclo all’interno della camera iperbarica installata a bordo della nave Tedeschi, che può accogliere fino a due subacquei e in caso di bisogno anche un infermiere o un medico. Su ogni ecoballa lavorano due squadre che si alternano per completarne il contenimento in una speciale rete a maglia fitta, l’imbragatura e il graduale sollevamento dal fondale, che nel tratto in cui il carico è stato disperso è melmoso. Ci sarà da contrastare anche con l’azione del vento, le correnti del canale e la scarsa visibilità. «Nel canale a quelle profondità la visibilità va dal mezzo metro ai 20 centimetri», sottolinea il comandante dei Comsubin, contrammiraglio Massimiliano Rossi. Insomma, un’operazione tutt’altro che banale. Al punto che per evitare immersioni a vuoto i palombari del Gos fanno una verifica puntuale dei bersagli utilizzando un side scan sonar e calando sul punto individuato il Rov, ovvero una sorta di sottomarino a comando remoto che è dotato di telecamera per verificare lo stato di conservazione delle ecoballe a 5 anni dalla dispersione sul fondale marino. Quelle che risulteranno degradate o sprofondate nel fango verranno recuperate in seguito con l’ausilio della nave Anteo che permette di operare in immersione con la tecnica della saturazione.

l’investimento

Quattro milioni di euroanche per risarcire i pescatori coinvolti

Nello stanziamento di 4 milioni di euro per il recupero e lo smaltimento delle ecoballe rientrano anche i pagamenti dei conti pendenti della precedente gestione commissariale, tra questi i costi sostenuti dai pescherecci per riportare in porto l’ecoballe finite nel sacco delle loro reti, quelli sostenuti dal Comune di Piombino e dalle imprese intervenute per il recupero e la custodia in questi anni. «Stiamo facendo i conteggi amministrativi per rifondere delle spese i paladini del mare», dice il ministro dell’Ambiente Sergio Costa riferendosi ai pescatori che si sono fatti carico di consegnare in porto l’ecoballa finita nelle loro reti con danni materiali alle attrezzature e la giornata in mare persa. L’impegno lo aveva preso il precedente commissario straordinario l’ammiraglio ispettore Aurelio Caligiore che oggi siede al Comitato tecnico e di indirizzo di cui si avvale il capo dipartimento della Protezione civile nazionale Angelo Borrelli per definire i piani degli interventi necessari per fronteggiare l’emergenza. «Chi ha contribuito a superare questo problema – assicura Borrelli in veste di commissario per l’emergenza – verrà ristorato».

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