Ecoballe, dopo 5 anni inizia il recupero 38 mine ecologiche da disinnescare

Obiettivo centrato, ecco le prime due balle
9 Agosto 2020
Il capo della Protezione civile vuole sveltire le operazioni di recupero. Due ecoballe sono state già rimosse dai palombari
9 Agosto 2020
Mostra tutti gli articoli

Ecoballe, dopo 5 anni inizia il recupero 38 mine ecologiche da disinnescare

Il Tirreno, Cronaca Toscana

Tre navi della Marina Militare al lavoro. Sul fondale ce ne sono 40, le prime due sono state ripescate

Contengono decine di migliaia di chili di plastiche nocive, è una corsa contro il tempo

Manolo Morandini / piombino

Ne restano 38. Due, invece, sono state recuperate, tra il 7 e l’8 agosto, dal Gruppo operativo subacquei della Marina Militare. Tre unità navali specializzate, e gli assetti della Guardia costiera hanno iniziato le operazioni attese da cinque anni. Dal 23 luglio 2015 quando il cargo IVY, all’epoca battente bandiera della isole Cook, disperse 56 ecoballe, ovvero 63mila chili di plastiche eterogenee di combustibile solido secondario (Css), tra quelle collocate sul ponte delle 1. 888 trasportate, caricate al porto di Piombino e dirette al porto di Varna in Bulgaria per essere incenerite in un cementificio. Sul fondale del golfo di Follonica fino a l’altro ieri ne restavano 40, al netto di quelle spiaggiate o finite nel sacco delle reti di pescherecci. Le due recuperate sono arrivate proprio alla vigilia dello sbarco in forze sul porto di Piombino. C’è il capo della Protezione civile nazionale Angelo Borrelli a cui dal 22 luglio il Consiglio dei ministri, su proposta del presidente Giuseppe Conte, ha affidato il coordinamento delle operazioni per superare lo stato di emergenza, deliberato nella stessa seduta, dovuto a quelle migliaia di chili di plastiche. E ci sono il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, il presidente dell’Autorità portuale del mar Tirreno settentrionale Stefano Corsini e l’ammiraglio di divisione Giuseppe Berutti Bergotto, capo ufficio affari generali dello Stato maggiore della Marina. Si sottolinea l’accelerazione che sta avendo l’operazione, finita per troppo tempo nelle secche della burocrazia. Anche se il tempo resta una variabile di non poco conto. Qualcuna di quelle ecoballe potrebbe sfaldarsi, non essendo stata progettata per resistere alle sollecitazioni che si hanno a profondità oltre i 40 metri e per così a lungo. Una bomba ecologica ad orologeria. «È una giornata importante per gli equilibri ambientali di queste terre, finalmente abbiamo dato il via alle operazioni di recupero delle 40 ecoballe residuali da 1, 2 tonnellate l’una che dal 2015 giacciono sui fondali del golfo di Follonica – afferma il ministro dell’Ambiente Costa -. Le chiamano tutti così ma di “eco” non hanno proprio nulla: sono ammassi di rifiuti di plastica abbandonati a mare da una nave cinque anni fa, nel silenzio generale. Oggi finalmente iniziamo a portarle in superficie con la Marina Militare». Che aggiunge: «Un lavoro che dal primo giorno del mio insediamento abbiamo affrontato, nominando immediatamente un commissario, l’ammiraglio Aurelio Caligiore, che ringrazio: è riuscito, insieme con la Guardia costiera, a mapparle e identificarle. Lo stato di emergenza e il lavoro della Protezione civile durerà 6 mesi, e sarà una lotta contro il tempo perché se queste balle piene di plastica dovessero aprirsi andremmo incontro a un disastro ambientale senza precedenti». Ma c’è dell’altro. Il caso sembra aver fatto scuola. Lo dice il ministro Costa. Lo conferma il capo della Protezione civile nazionale Borrelli. «Sono servite delle alchimie giuridiche per arrivare a emanare lo stato di emergenza nazionale – dice Costa -. È il momento di rivedere la legge di protezione civile aprendo la norma alla possibilità di intervento alla tutela dell’ambiente». E Borrelli: «Questa emergenza ha evidenziato una criticità del codice di protezione civile che dovrà essere corretta». Ci sarà tempo per ricercare le responsabilità che hanno determinato la situazione di emergenza. Del resto è in corso un’inchiesta che fa capo alla Procura della Repubblica di Livorno. Una precedente avviata dalla Procura di Grosseto è stata archiviata alla fine dello scorso anno. «Ci siamo interrogati e abbiamo deciso che adesso è il tempo per un intervento di recupero, che deve essere rapido. Poi arriverà quello di cercare le responsabilità giuridico amministrative». Per superare lo stato di emergenza il governo ha stanziato 4 milioni di euro e previsto un arco d’intervento di sei mesi. «Contiamo di farcela entro agosto o al massimo settembre – dice Borrelli -. Quanto accaduto in passato ad oggi non ci interessa, dobbiamo occuparci del presente. Dal momento che è stato superato l’impasse burocratico ce la stiamo mettendo tutta».

i dettagli / 160 militari in azione

I sub si immergono in coppia

Camera iperbarica a bordo

Piombino

Venti i palombari del Gruppo operativo subacquei (Gos) del Comando subacquei e incursori (Comsubin) coinvolti nel recupero. Sono parte della task force che tra gli equipaggi delle navi Caprera, (48 militari), Tedeschi (16) e Rimini (44), oltre al supporto a terra e il personale della Protezione civile nazionale e di Ispra e Arpat vedi in campo per l’emergenza ecoballe 160 uomini. A dare i numeri per la Marina militare sono l’ammiraglio di divisione Giuseppe Berutti Bergotto, capo ufficio affari generali dello Stato maggiore della Marina e il comandante dei Comsubin, contrammiraglio Massimiliano Rossi. I subacquei lavorano in coppia. Immersioni di mezz’ora su fondali nell’ordine dei – 50 metri. E per ottimizzare i tempi di decompressione verrà utilizzano la tecnica del salto. In pratica, completano il ciclo all’interno della camera iperbarica installata sulla nave Tedeschi, che può accogliere fino a due subacquei e in caso di bisogno anche un infermiere o un medico. Su ogni ecoballa lavorano due squadre che si alternano per completarne il contenimento in una speciale rete a maglia fitta, l’imbragatura e il graduale sollevamento dal fondale. Ma c’è da contrastare anche con l’azione del vento, le correnti del canale e la scarsa visibilità. «Nel canale a quelle profondità la visibilità va dal mezzo metro ai 20 centimetri», sottolinea il contrammiraglio Rossi. Insomma, un’operazione tutt’altro che banale. Al punto che per evitare immersioni a vuoto i palombari del Gos fanno una verifica puntuale dei bersagli utilizzando un side scan sonar e calando sul punto individuato il Rov, ovvero una sorta di sottomarino a comando remoto che è dotato di telecamera per verificare lo stato di conservazione delle ecoballe a 5 anni dalla dispersione sul fondale marino. Quelle che risulteranno degradate o sprofondate nel fango verranno recuperate in seguito con l’ausilio della nave Anteo che permette di operare in immersione con la tecnica della saturazione.

Chiamaci
Raggiungici