Italia Oggi
Il Piano nazionale rifiuti punta a colmare il gap impianti
Colmare i gap impiantistici esistenti sul territorio. Questo l’obiettivo fissato dal ministero della Transizione
ecologica, che il 24 giugno scorso ha approvato e pubblicato il Pngr, il Programma Nazionale di Gestione dei
Rifiuti (si veda ItaliaOggi del 29/6/2022). Lo ha ribadito ieri, in occasione della sua presentazione, anche
Vannia Gava, sottosegretario alla transizione ecologica: «L’Italia ha la più alta percentuale di riciclo sulla
totalità dei rifiuti, il 79,4%, il doppio rispetto alla media Ue». Ma sul versante gestione: «L’obiettivo è colmare
il gap impiantistico, aumentare il tasso di raccolta differenziata e di riciclaggio, contribuire alla transizione
energetica. L’Italia continua a pagare sanzioni pesantissime: troppi rifiuti, più di 1,3 mln di tonnellate,
finiscono fuori regione o all’estero a causa dell'assenza di una rete integrata di impianti funzionale. Grazie al
Pnrr abbiamo l'occasione di promuovere e costruire nuovi impianti». Andiamo con ordine.
Il Pngr definisce criteri e linee strategiche a cui le regioni dovranno attenersi nell'elaborazione dei loro piani
di gestione rifiuti di cui all’art. 199 del dlgs n. 152/2006, offrendo una ricognizione dell’impiantistica, suddivisa
per categorie ed enti territoriali, per dare «in primis, indirizzi atti a colmare i gap». Su tutto, un obiettivo già
definito: le regioni dovranno raggiungere nel 2035 il 10% dello smaltimento in discarica. Il Pngr è, dunque,
un pilastro della più ampia strategia del paese sull’economia circolare, come indicato nella Sec (Strategia
nazionale economia circolare, pubblicata sempre il 24 giugno scorso) e dal Pnrr, di cui rappresenta una delle
riforme strutturali per l’attuazione.
In particolare, la missione 2 del Pnrr – Rivoluzione vedere e transizione ecologica, componente 1 – economia
circolare e agricoltura sostenibile (M2C1), è finalizzata a migliorare la capacità di gestione dei rifiuti,
rafforzando le infrastrutture per la raccolta differenziata, ammodernando e sviluppando nuovi impianti di
trattamento dei rifiuti, colmando il divario tra regioni del nord e del centro-Sud e realizzando progetti flagship
altamente innovativi per le filiere strategiche, quali: rifiuti da apparecchiature elettriche e elettroniche (Raee),
industria della carta e del cartone, tessile e riciclo meccanico e chimico delle plastiche.
Sulla base delle priorità indicate dalle regioni, il Pngr viene articolato in undici filiere di intervento: rifiuti
urbani indifferenziati; rifiuti provenienti dal trattamento dei rifiuti urbani; scarti derivanti dai trattamenti delle
frazioni secche da raccolta differenziato e scarti del trattamento delle frazioni organiche; rifiuti organici; rifiuti
da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee); rifiuti inerti da costruzione e demolizione; rifiuti tessili;
rifiuti in plastica; rifiuti contenenti amianto; veicoli fuori uso; rifiuti sanitari a rischio infettivo. E c’è attenzione
anche per il tema delle raccolte differenziate, anche perché nel Pnrr c’è l’obiettivo di ridurre i divari territoriali
(del 20% tra la migliore al peggiore) e di ridurre le discariche irregolari.
Il quadro. Fondamentale è il capitolo 4 del Pngr, in cui vengono indicati i dati di produzione dei rifiuti,
impianti, flussi impiantistici e gap. Si prendono a riferimento i dati 2019 (essendo quelli del 2020 influenzati
dall’emergenza sanitaria): la produzione totale di rifiuti è pari a circa 184 mln di tonnellate, di cui 30 di
provenienza urbana (-0,4% rispetto al 2018).
La raccolta differenziata degli urbani si attesta a 18,4 milioni di tonnellate, +4,9% rispetto al 2018. La
frazione cellulosica e quella organica rappresentano, nell’insieme, il 58,9% del totale della differenziata.
I 154 milioni di rifiuti speciali sono in crescita del 7,3% rispetto 2018. Il maggior contributo è dato dal settore
delle costruzioni con oltre 70 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti.
Impiantistica. Dal piano emerge con chiarezza che la distribuzione geografica degli impianti non è omogenea
fra le regioni in termini di numerosità, capacità autorizzata e scelte tecnologiche. Quote considerevoli di rifiuti
del centro e nel mezzogiorno vengono trattati in impianti localizzati in altre aree. A titolo d’esempio la sola
Lombardia riceve da fuori regione 373 mila tonnellate provenienti da Piemonte, Lazio e Campania.
Gestione degli speciali. In merito alle forme di gestione dei rifiuti speciali «e alle sue geografie», il recupero
di materia raggiunge il 68,9%, la discarica al 7,3%, mentre co-incenerimento e incenerimento rappresentano
l’1,9%. Va, inoltre, ricordato che i rifiuti urbani vengono inceneriti per il 18%, mentre la percentuale d’avvio a
recupero di materia è al 50%. Dal piano emerge, inoltre, con chiarezza quanto sia diversa la gestione tra
rifiuti urbani e speciali. Mentre per gli «urbani» vengono fatti degli utili confronti la media Ue, per la parte
«speciali» manca ogni raffronto con la situazione europea. Comunque, anche per i rifiuti speciali la
ricognizione conferma che i relativi impianti sono circa 11 mila, di cui più del 60% al Nord. Gli impianti di
recupero di materia sono circa il 43%, mentre quelli che effettuano il recupero all’interno del ciclo produttivo
sono 1.303 (circa il 12%). Quest’ultimi, però, son quelli da considerare con attenzione, perché fondamentali
per l’economia circolare, in cui avviene il riciclo finale.
Per quanto riguarda i rifiuti da amianto il quadro non è soddisfacente: sono 275 mila tonnellate, di cui il 28%
prodotto in Lombardia. Più del 10% è esportato in Germania e, in misura minima, in Spagna.
Giorgio Ambrosoli e Luigi Chiarello