Industria, il crollo della Toscana «Come sotto le bombe del ‘44»

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Industria, il crollo della Toscana «Come sotto le bombe del ‘44»

Corriere Fiorentino

Rapporto Irpet-Cna: produzione giù del 50% più della media nazionale. E il peggio deve venire
Giorgio Bernardini
La fotografia economica della crisi da Covid è spaventosa. La Toscana è tornata alle quantità di
produzione industriale degli anni Settanta e — con un crollo del 50% rispetto allo stesso periodo dello scorso
anno — registra la peggiore performance del Paese (assieme a Marche e Basilicata), visto che la media
nazionale della diminuzione è stata del 42,5%.
I dati sono stati diffusi in anteprima dall’Istituto Regionale per la Programmazione Economica della Toscana
(Irpet). Il suo capo economista Leonardo Ghetti ha illustrato le cifre compiendo un’analisi nel corso
dell’assemblea pubblica di Cna Toscana Nord, l’ente che aveva commissionato l’approfondimento. Ghetti ha
sostenuto che «la vera emergenza stia per arrivare» e ha stimato una caduta di Pil regionale «non inferiore
al 10%». «Si tratta — approfondisce l’economista — di una caduta di proporzioni che abbiamo conosciuto
solo nel ‘43 e nel ‘44, quando sopra di noi c’erano le bombe».
Sono andati in fumo negli ultimi tre mesi 4/5 della produzione regionale, che coinvolge le province con
questo indice di gravità: ad aprile, considerando il raffronto con lo stesso mese del 2019, Prato fa registrare il
tonfo peggiore (-60%); seguono Arezzo (-60,5%), Pisa (-54,1%), Firenze (-53,2%), Pistoia (-49,1%), Massa
Carrara (-46,8%), Siena (38,1%), Livorno (-33,8%), Lucca (-33,1%), Grosseto (-27,6%). L’Istituto ha
elaborato l’andamento per Cna anche in considerazione dei settori, tra cui il tessile — sempre nel mese di
aprile — fa segnare uno spaventoso -80% rispetto al 2019. Seguono la riparazione e installazione di
macchine e lavorazioni di minerali (-70%), l’industria del legno (-60%), mentre tra -50% e -40% si attestano
la fabbricazione di macchinari, le attività metallurgiche, la gomma e la plastica.
Soffrono meno, si fa per dire, le imprese di computer, apparecchi elettronici, carta e registrazione (-30%),
mentre «si salvano» le imprese di produzione di energia elettrica e gas, chimica e farmaceutica (-10%).
All’incontro di ieri, che si è svolto a Prato ed è stato trasmesso in diretta in diretta on-line su varie
piattaforme, hanno partecipato il presidente di Cna Toscana Luca Tonini, quello di Cna Toscana Centro
Claudio Bettazzi e i due Sindaci di Prato e Pistoia, Matteo Biffoni e Alessandro Tomasi. «Questa regione —
ha spiegato Ghetti — è particolarmente aperta al mondo e le contrazioni di movimenti l’hanno penalizzata.
Siamo esposti nella moda, nel tessile e nella gioielleria, oltre che sui servizi turistici: praticamente i settori
che hanno subito di più». Secondo Ghetti il dato più preoccupante è quello della mancanza di liquidità, che
riguarderebbe oggi un quarto delle imprese toscane, soprattutto quelle di piccole dimensioni. «La nostra
preoccupazione — conclude — è il tempo. Il rischio vero è una mortalità così grande delle aziende che non
può essere rimpiazzata: quello produttivo toscano è un motore che si rimpicciolisce». I rappresentanti di Cna
e i sindaci hanno riflettuto sugli «aspetti positivi e sulle lezioni imparate durante il lockdown», ma hanno
posto l’accento sulla necessità di una reazione che venga accompagnata da «azioni del governo come
incentivi a fondo perduto per le imprese strozzate e riforme fiscali» .

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