La legge di conversione del dl Cura Italia amplia il deposito temporaneo dei residui

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La legge di conversione del dl Cura Italia amplia il deposito temporaneo dei residui

Italia Oggi

 

Rifiuti, stoccaggio al restyling

Entro luglio recepimento delle ultime eco-regole Ue

di Vincenzo Dragani

Ampliati dal 30 aprile 2020 su tutto il territorio nazionale i parametri quantitativi e temporali entro cui i produttori di rifiuti possono depositare in loco i propri residui senza necessità di autorizzazione. L’ampliamento dei limiti massimi dello stoccaggio arriva con la legge n. 27/2020 di conversione del dl n. 18/2020 (c.d. «Cura Italia») mediante una integrazione delle regole in materia previste dal Codice ambientale. Ma il nuovo regime (pubblicato sul S.o. n. 16 alla G.U. del 29 aprile 2020, n. 110) potrebbe durare solo fino all’entrata in vigore, attesa per fine luglio 2020, del decreto legislativo di recepimento delle ultime norme Ue sui rifiuti previste dal «Pacchetto economia circolare», decreto che promette diverse novità anche proprio sullo stoccaggio in questione.

Il deposito temporaneo dei rifiuti ex Codice ambientale. Le novità in vigore dal 30 aprile 2020 riguardano la particolare figura di stoccaggio prevista dall’articolo 183, comma 1 lettera bb) del dlgs 152/2006 coincidente con il «raggruppamento dei rifiuti e il deposito preliminare alla loro raccolta» (ai fini del trasporto in un impianto di trattamento) effettuati dal produttore degli stessi nel luogo in cui sono stati generati.

Trattasi, lo ricordiamo, di attività giuridicamente ancora connessa alla produzione dei rifiuti e non già costituente attività di gestione degli stessi (che inizia infatti solo con la loro successiva raccolta) e per tal motivo esercitabile, ai sensi dell’articolo 208 dello stesso Codice ambientale, senza necessità di preventiva autorizzazione.

Il produttore che effettua il deposito temporaneo dei propri residui è però tenuto al rispetto di precisi obblighi sia di carattere generale che particolare.

Sotto il profilo generale egli deve sottoporre a tracciamento i rifiuti stoccati (con la tenuta dei registri di carico/scarico oggi, cui si aggiungerà l’adesione al «Registro elettronico nazionale» domani (si veda ItaliaOggi Sette del 6/4/2020) e osservare i divieti di miscelazione previsti dal dlgs 152/2006.

A titolo particolare, il produttore deve invece osservare le cinque specifiche condizioni di stoccaggio stabilite dall’articolo 183 dal Codice ambientale, ossia:

1) depositare i rifiuti contenenti inquinanti organici persistenti secondo le regole previste per i residui contenenti sostanze pericolose;

2) rispettare determinati limiti massimi di deposito;

3) effettuare il deposito per categorie omogenee di rifiuti;

4) rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose;

5) osservare le eventuali ulteriori norme stabilite al ministero dell’ambiente per il deposito di alcune categorie di rifiuti.

È in tale contesto normativo che è intervenuta la legge n. 27/2020 di conversione del dl n. 18/2020, la quale incidendo sulla condizione numero 2) ha ampliato i parametri quantitativi e temporali entro cui è possibile condurre il deposito temporaneo.

I nuovi limiti di stoccaggio dal 30/4/2020. In base all’articolo 183 del dlgs 152/2006 come integrato dalle regole ex legge 27/2020, a partire dal 30 aprile 2020 la condizione della durata massima del deposito temporaneo è così riformulata: i rifiuti devono essere raccolti e avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti:

  1. a) con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito;
  2. b) quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 60 metri cubi (erano 30 prima dell’intervento normativo) di cui al massimo 20 metri cubi (10 prima della novella) di rifiuti pericolosi.

In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore a 18 mesi (era un anno, prima). Il tutto, precisa (ad abundantiam) la stessa legge 27/2020, «fermo restando il rispetto delle disposizioni in materia di prevenzione incendi».

È utile ricordare che l’allargamento dello stoccaggio del produttore, finalizzato a non sovraccaricare la filiera di gestione dei rifiuti provata dalle misure sanitarie anti Covi-19, era stata già suggerita dal Minambiente ai comuni all’atto del fornire, con la circolare 30 marzo 2020 n. 222276, indicazioni sui possibili contenuti delle ordinanze contingibili e urgenti adottabili ex articolo 191, dlgs 152/2006 per disciplinare forme speciali di gestione dei rifiuti sul proprio territorio alla luce dell’emergenza in corso. Con la formalizzazione conferitale dalla legge di conferma del dl Cura Italia, quella che era stata indicata come una eccezione è però divenuta una regole statale e permanente, salva futura e contraria volontà dello stesso Legislatore nazionale.

In attesa del recepimento del «Pacchetto economia circolare». Ulteriori novità nazionali sul deposito temporaneo già appaiono all’orizzonte, veicolate dallo schema di decreto di recepimento della neo direttiva 2018/851/Ue sui rifiuti (facente del «Pacchetto economia circolare» e recante modifiche alla direttiva madre 2008/98/Ue) all’esame delle competenti istituzioni.

Il testo licenziato lo scorso 5 marzo 2020 dal Consiglio dei ministri, e attualmente al Parlamento per i necessari pareri, prevede la totale riscrittura delle disposizioni del dlgs 152/2006 relative al deposito temporaneo, da un lato confermandone l’impianto di fondo, dall’altro introducendo modifiche sia formali che sostanziali.

Dal punto di vista formale, lo schema di decreto legislativo in itinere prevede (tra le altre) la modifica terminologica della denominazione dello stoccaggio in questione, che da «deposito temporaneo» diventerebbe «deposito temporaneo prima della raccolta». Alla base della prevista novella, si evince anche dai lavori preparatori, la volontà di recepire in maniera più precisa il considerando n. 15 della direttiva 2008/98/Ue (tra l’altro non toccato dalla riforma Ue del 2018) a mente del quale (al fine di distinguere le attività conducibili senza autorizzazione): «È necessario operare una distinzione tra il deposito preliminare dei rifiuti in attesa della loro raccolta, la raccolta di rifiuti e il deposito di rifiuti in attesa del trattamento».

Dal punto di vista sostanziale, invece, rispetto all’assetto dell’istituto restituitoci dal Legislatore del «Cura Italia», due appaiono essere le novità di merito previste dal provvedimento in corso di esame rispetto alla neo versione vigente dallo scorso 30 aprile 2020. La prima novità riguarda proprio i limiti quantitativi e temporali massimi di conduzione del deposito temporaneo, poiché nella previsione di riformulazione del dlgs 152/2006 la bozza di decreto in itinere appare riprodurre pedissequamente i parametri precedenti alle modifiche dell’aprile 2020, prospettando quindi un ritorno al regime normativo più restrittivo «pre emergenza Covid-19».

La seconda novità sostanziale di rilevo afferisce invece al citto obbligo di effettuare il deposito per «categorie omogenee» di rifiuti.

Sul punto lo schema di decreto in corso di approvazione prevede che i rifiuti siano «raggruppati per categorie omogenee identificate dal codice Eer».

La disposizione mirerebbe ad introdurre un preciso parametro normativo per individuare la «omogeneità» dei rifiuti, e coincidente nel dover essere tali residui identificati dal medesimo codice numerico recato dall’Elenco europeo dei rifiuti; e non essendo invece sufficiente a conferire loro la caratteristica di «omogeneità», come già sottolineato dalla Corte di cassazione (per tutte si veda la sentenza 11492/2015), l’avere in comune la mera appartenenza a uno dei generici sotto-insiemi classificatori (urbani/speciali/pericolosi/non pericolosi) ex articolo 184 del dlgs 152/2006.

L’ulteriore riforma del dlgs 152/2006 prevista in attuazione del «Pacchetto economia circolare Ue» potrebbe tuttavia avere tempi più lunghi del previsto.

L’originaria dead-line per recepimento di tali regole unionali sui rifiuti è a livello comunitario fissata nel 5 luglio 2020, scadenza anticipata dalla legge nazionale 27/2020 sull’allineamento dell’Ordinamento interno al diritto comunitario al 5 marzo 2020 (e formalmente onorata dal governo con l’approvazione in prima lettura del citato provvedimento).

Scadenza, quest’ultima, però prorogata proprio dalla legge 27/2020 di conversione del dl Cura Italia alla secca data del 30 luglio 2020, dunque addirittura oltre lo stesso originario termine fissato a livello unionale dal Legislatore della direttiva 2018/851/Ue.

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