Sindaci e aziende: «Con il blocco Tari emergenza rifiuti»

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Sindaci e aziende: «Con il blocco Tari emergenza rifiuti»

Il Sole 24 Ore

Senza un aiuto finanziario si prospetta il blocco di raccolta e smaltimento

ROMA

Una crisi generalizzata della raccolta dei rifiuti non è esattamente lo scenario migliore nel mezzo di un’emergenza sanitaria. Ma con il passare delle settimane il rischio si fa concreto. E a lanciare l’allarme è un coro. Ieri sono stati i Comuni, che con una lettera firmata dal presidente dell’Anci Antonio Decaro e dai sindaci delle principali città, da Milano a Bologna, da Venezia a Firenze, da Torino a Roma fino a Napoli e Palermo, si sono rivolti direttamente al premier Conte per chiedere di mettere una pezza finanziaria che eviti il rischio di blocchi del servizio. Ma nei giorni scorsi lo stesso tema era stato sollevato anche dalle aziende dell’igiene urbana, quelle pubbliche raccolte in Utilitalia e quelle private rappresentate da Fise-Assoambiente.

Il punto è che la riscossione della Tari è nei fatti sospesa nella maggioranza dei Comuni, e anche dove non è stata fermata del tutto inciampa nella frequente impossibilità pratica di chiedere il pagamento ad aziende, negozi, bar e ristoranti fermati dal lockdown. Ma la tariffa rifiuti è la fonte unica di finanziamento dei servizi urbani di raccolta e smaltimento. E i servizi non si possono fermare.

Anzi, dovrebbero evolvere. La lettera con le firme di Decaro, Sala, Appendino, Merola, Brugnaro, Nardella, Raggi, De Magistris, Orlando e così via è arrivata a Palazzo Chigi nelle stesse ore in cui il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro spiegava alla commissione Ecomafie come dovrebbero attrezzarsi i servizi di igiene urbana per gestire i rifiuti da Covid-19. Guanti e mascherine, per esempio, dovrebbero avere una corsia diretta per l’incenerimento, oppure finire «in impianti di sterilizzazione o in discarica, senza pretrattamenti, con apporto di materiale di copertura per evitare dispersione». E l’epidemia imporrebbe di «rafforzare i controlli su smaltimenti illeciti di acque reflue o fanghi non trattati che potrebbero causare esposizione umana a materiali potenzialmente infetti».

Ma la quotidianità del servizio rifiuti in questa fase non sembra contemplare la possibilità di sviluppo e investimenti. Perché evitare la Tari alle attività economiche chiuse per legge è «una scelta obbligata», scrivono i sindaci a Conte, e quindi sarebbe «doveroso» che il governo alzasse i 3 miliardi messi sul piatto della manovra per coprire le perdite con i 400 milioni «sommariamente indicati» da Arera come costo degli sconti proporzionali al periodo di chiusura disciplinati dal nuovo regolamento (Sole 24 Ore del 7 maggio). Ma con il ministero dell’Economia il dialogo non decolla, lamentano i sindaci, che decidono di rivolgersi direttamente a Conte come extrema ratio per evitare di dover «alzare i toni».

La battaglia dei Comuni si inquadra nel negoziato con il governo sui fondi aggiuntivi anticrisi. Ma trova un alleato diretto nelle aziende del settore. «Un intervento finanziario del governo è indispensabile – sostiene Filippo Brandolini, vicepresidente di Utilitalia – perché i costi sono rigidi e i ritardi nella riscossione stanno sottoponendo molte imprese a un notevole stress finanziario». Anche sui numeri la battaglia è aperta: perché i 400 milioni indicati da Arera sembrano un’indicazione minimalista alle aziende, che con Utilitalia stima perdite fra gli 1,25 e i 2,5 miliardi a seconda degli scenari. Numeri simili a quelli prospettati dai Comuni.

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