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L’ad di Alia parla di una nuova era per lo smaltimento degli scarti 

Il Tirreno, Economia

L’ad di Alia parla di una nuova era per lo smaltimento degli scarti 

Dal vetro alla carta ecco i distretti circolari Irace: «Meno conferimenti in discarica coi poli di Empoli, Pontedera e Rosignano»

Ilenia Reali

Una Toscana sostenibile che riesce a smaltire, trasformare e recuperare i rifiuti riducendo drasticamente i conferimenti in discarica. Una missione economica e politica quella che Alia, su impulso della Regione, ha raccolto proponendo “un’alleanza circolare” con partner locali e internazionali, per dare risposte e trasformare la Toscana in una realtà moderna, innovativa ed efficiente nel trattamento degli scarti. Una nuova politica industriale in cui si inseriscono tre impianti pensati proprio per baipassare i termovalorizzatori – mai realizzati – e dare una soluzione al problema dei rifiuti urbani e industriali. A Empoli, Rosignano e Pontedera, se la Regione li autorizzerà, saranno realizzati entro 3-4 anni «poli integrati per recuperare rifiuti non riciclabili meccanicamente». Compresi gli scarti dei distretti della carta, della pelletteria e del tessile. Alberto Irace, già amministratore delegato di Acea, ora ad Alia, è arrivato alla guida della società pubblica della Toscana Centrale (nata dall’aggregazione delle società Quadrifoglio, Publiambiente, Asm e Cis) poco più di un anno fa con lo scopo di contribuire a uno scatto di qualità nella gestione dei servizi ambientali. 

Qual è stato il suo approccio al nuovo incarico?

«Mi sono rimboccato le maniche fin da subito per trovare soluzioni. In un anno abbiamo articolato il piano industriale che ottimizza e spinge al massimo i processi della raccolta differenziata, investe massicciamente nel riciclo meccanico del vetro, della carta, nel recupero della frazione organica. Alla fine di tutto questo articolato processo rimane però una parte di scarto che non può esser recuperata e deve andare in discarica o in termovalorizzatori fuori regione. Serviva un passaggio successivo». 

E quindi a che soluzione avete pensato? 

«Un recente studio di Ref Ricerche ci dice che nella proiezione della Toscana al 2030 mancano all’appello impianti per circa 600mila tonnellate di rifiuti a cui la regione non riesce a dare soluzione all’interno del proprio territorio. Le discariche potranno ricevere solo il 10%, oggi coprono oltre il 30% del fabbisogno. Questi numeri sono impietosi: pagheremo tutti un alto costo economico e ambientale. Oggi tutti, dico tutti gli italiani hanno scoperto a loro spese quanto costi al bilancio familiare la mancanza di autosufficienza in campo energetico. Abbiamo pagato il doppio le nostre bollette. Con le dovute proporzioni, senza impianti del ciclo dei rifiuti i costi non possono che salire vertiginosamente». 

L’impossibilità di realizzare termovalorizzatori non rende immediata la soluzione. 

«La Regione con un diktat così perentorio sulla termovalorizzazione ha portato a una sfida tecnologica. Mi sono quindi chiesto: c’è un modo per dare risposte industriali al deficit impiantistico, con tecnologie green e sostenibili? Abbiamo analizzato le migliori soluzioni a livello internazionale, abbiamo incontrato i partner che le realizzano e costruito accordi con loro, e ci siamo posti il tema di non farlo da soli, non ci serviva fare i primi della classe, ma di costruire una rete con importanti aziende locali, pensiamo a Zignano e Scapigliato, per porci il problema di trovare una soluzione per la Toscana: è chiaro che è talmente imponente il lavoro da fare che serve far squadra e sinergia tutti assieme». 

Si è quindi arrivati alla proposta di tre poli o “distretti circolari”. 

«Abbiamo assieme tirato fuori il prototipo di quello che abbiamo chiamato il “distretto circolare”: poli con tecnologie rinnovabili e della chimica verde, che possono trattare tutti quegli scarti finali che, dopo che abbiamo recuperato e riciclato meccanicamente, rimangono e sono destinati alle discariche, ai termovalorizzatori toscani o spediti negli impianti fuori regione o all’estero. Da questi scarti invece, attraverso la tecnologia di riciclo chimico e biochimico che abbiamo individuato, possiamo ricavare idrogeno, etanolo che serve per fare i polimeri della plastica riciclata o metanolo che è un carburate green. Abbiamo proposto tre impianti per dare una soluzione circolare e a chilometro zero, tutti in aree industriali dedicate a questo tipo di attività e anche per superare un’ obiezione legittima: ciascun territorio si gestirà i propri rifiuti. Sarà così anche per l’area fiorentina. Dico subito che si tratta di studi di fattibilità, che abbiamo intenzione di presentare ai territori. Se tutto va per il verso giusto, ciascun impianto potrà entrare in esercizio non prima del 2026». 

Cominciamo da Empoli.

«Il distretto circolare di Empoli è pensato per trattare 200mila tonnellate, dando vita a nuovi prodotti circolari come il metanolo, un vettore energetico che può essere utilizzato sia nella produzione di biocarburanti, sia nei cicli produttivi dell’industria chimica. Realizzarlo accanto e d’intesa con una industria del vetro è già in sé una scelta di circolarità che permette di ottimizzare risorse come i cascami termici delle fornaci della produzione del vetro». 

Quello di Rosignano cos’ha di differente? 

«È un impianto di riciclo chimico che tratta il rifiuto secco selezionato dai rifiuti urbani indifferenziati, il “plasmix” (miscela di plastiche eterogenee derivate dal riciclo dei materiali) e altri scarti provenienti dal trattamento delle raccolte differenziate, trasformandoli in etanolo, con possibilità di produzione anche di idrogeno. 

È tecnicamente differente dagli altri due perché porta a ottenere il syngas, un gas di sintesi con numerose applicazioni industriali. È centrale il luogo in cui sarà realizzato per due motivi: il primo, si inserisce in un polo chimico con cui stiamo lavorando a ulteriori partnership con quella filiera; il secondo, grazie alla collaborazione con Scapigliato, la discarica sarebbe una miniera di rifiuti da utilizzare. Saremo in grado di ritrattare quelli già interrati: una bonifica che allo stesso tempo garantirà la sostenibilità economica del progetto». 

A Pontedera il polo sarà attiguo all’azienda Revet. 

«Si produrrà metanolo. Lavoreremo, oltre agli scarti urbani, il residuo del riciclo della plastica a km 0, ma anche di altri gli scarti tessili, dell’industria cartaria e della pelletteria. Siamo al centro di una area industriale di primaria importanza per il riciclo meccanico». 

Ha parlato di scarti tessili, della carta, della pelletteria. Gli impianti risolveranno l’annoso problema del pulper per esempio? 

«La tecnologia ne consente il trattamento. Sappiamo che gli impianti hanno le caratteristiche per farlo. Continueremo gli studi per capire quale dovrà essere il pre-trattamento ma mi sento di dare una risposta positiva alla domanda». 

Quali saranno i benefici per i territori che ospiteranno direttamente questi “poli del riciclo”?

«Intanto i territori chiuderanno il ciclo dei loro rifiuti con un beneficio per le loro tariffe. L’investimento economico, è di un miliardo e 100 milioni. Per costruirli saranno complessivamente impiegate circa 2.000 persone e poi saranno assunto 180 dipendenti in ciascuna area. C’è una richiesta partita da alcuni sindaci, di prevedere altre agevolazioni per i cittadini dei territori che ospiteranno gli impianti. Ci sembra corretto valutare attentamente questa richiesta».

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