Quanta energia è possibile recuperare dai rifiuti italiani

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Quanta energia è possibile recuperare dai rifiuti italiani

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Quanta energia è possibile recuperare dai rifiuti italiani

Testa: «Alleggerire il carico burocratico-amministrativo per le imprese, realizzare gli impianti, completare il quadro degli end of waste e mettere a punto tutti gli strumenti economici di supporto al mercato del riciclo»

Una buona gestione dell’enorme flusso di rifiuti che vengono generati ogni anno in Italia – circa 30 mln ton di urbani e 150 di speciali – permetterebbe di traguardare obiettivi ambiziosi di economia circolare, ma anche calmierare la crisi energetica in corso.

L’analisi Dalla gestione rifiuti una spinta verso l’autosufficienza energetica, illustrata oggi a Ecomondo da Assoambiente, mette in primo luogo il contributo che può offrire il riciclo.

I processi industriali che usano materiali riciclati sono meno energivori degli stessi processi basati su materie prime vergini: massimizzare il riciclo quindi significa ottenere un doppio dividendo e ridurre i consumi energetici industriali.

Il riciclo degli elementi delle terre rare, ad esempio, richiede 58-88% meno energia rispetto a quella richiesta nella produzione primaria di base degli stessi elementi.

Ma anche le più onte attività di riciclo di materiali da imballaggio (metalli, carta, vetro, plastica) e dell’organico (biodigestione anaerobica), oltre a limitare l’estrazione di materiali vergini dall’ambiente, consentono oggi forti riduzioni del consumo di energia.

L’Italia deve però compiere ancora passi importanti per arrivare all’obiettivo europeo del 65% di riciclo dei rifiuti urbani al 2035: secondo Assoambiente realizzare questo obiettivo potrebbe valere il 2-3% dei consumi energetici nazionali. Già oggi l’Associazione stima che grazie al riciclo si generi un risparmio di energia di quasi 24 terawattora cui, raggiungendo gli obiettivi previsti, si potrebbero aggiungere altri 10 terawattora. Un quantitativo complessivo pari al consumo medio di energia elettrica di circa 7 milioni di famiglie italiane.

«Serve alleggerire il carico burocratico-amministrativo per le imprese, realizzare gli impianti, completare il quadro degli end of waste e mettere a punto tutti gli strumenti economici di supporto al mercato del riciclo, come previsto dal Programma nazionale di gestione dei rifiuti e dalla Strategia nazionale per l’economia circolare», commenta nel merito Chicco Testa, presidente Assoambiente.

Guardando più in particolare alla gestione della frazione organica dei rifiuti, Assoambiente stima che al 2035 dovremmo avviare 10 mln di ton l’anno a digestione anaerobica: da qui si produrrebbero circa 1,1 miliardi di metri cubi di biometano, l’1,5% del totale del gas consumato in Italia annualmente (75 miliardi di metri cubi). Altri studi sono ancora più ottimisti, arrivando a circa 2 miliardi di metri cubi l’anno di biometano da Forsu (e 8 da residui agricoli), ben oltre quanto potremmo ottenere dall’estrazione di gas fossile tramite nuove trivellazioni.

E i termovalorizzatori? Assoambiente stima che l’Italia dovrebbe disporre di un parco termovalorizzatori in grado di trattare 10 milioni di tonnellate di rifiuti (8 mln di urbani e 2 milioni di speciali). Dal trattamento di questi rifiuti, con le attuali tecnologie si potranno ottenere 7 milioni di MWhe, pari ai consumi medi di 2,6 famiglie italiane (circa il 10% del totale dei consumi domestici e il 3,3% dei consumi nazionali totali), oltre a 3 milioni di MWht di energia termica.

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