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RICICLO E TRANSIZIONE ENERGETICA RICHIEDONO UN QUADRO NORMATIVO PIÙ SNELLO

Il Sole 24 Ore

AMBIENTE ED ENERGIA

OCCORRE TRADURRE GLI OBIETTIVI CLIMATICI IN OPPORTUNITÀ DI CRESCITA ECONOMICA RICICLO E TRANSIZIONE ENERGETICA RICHIEDONO UN QUADRO NORMATIVO PIÙ SNELLO

Regole certe e stabili per l’economia verde

Aurelio Regina

Maria Cristina Piovesana

Il nucleo centrale del Green New Deal Europeo annunciato dalla Commissione è costituito dalle politiche per la lotta ai cambiamenti climatici e lo sviluppo di un’economia circolare.

L’Unione Europea ha assunto la leadership globale nelle politiche di decarbonizzazione dell’economia, con l’ambizioso impegno di raggiungere la carbon neutrality al 2050. Gli investimenti attivati dai nuovi obiettivi sono stimabili in oltre 3500 miliardi di euro nel solo periodo 2021-2030 per ridurre le emissioni del 55% rispetto al 1990.

Per l’industria nazionale ed europea è importante affrontare questa sfida con una visione strategica in grado trasformare gli obiettivi climatici in opportunità di crescita industriale tutelando la posizione competitiva del sistema industriale italiano.

Il volano di crescita potenziale per l’industria italiana è considerevole: il monte investimenti cumulato in Italia previsto per il raggiungimento dei presenti obiettivi al 2030 potrebbe arrivare a circa 550 miliardi di euro annuo se consideriamo anche la mobilità sostenibile con un contributo alla crescita del Pil medio annuo di circa 0,5%.

L’esigenza di coniugare l’obiettivo di sostenibilità con le esigenze di competitività, creando opportunità di sviluppo industriale, richiede delle linee di intervento multidimensionali lungo le diverse direttrici di policy. Occorre, in tal senso, sostenere il processo di ricerca e applicazione di breakthrough technologies nei principali settori energivori finalizzato alla nuova progettazione delle diverse fasi dei processi produttivi tradizionali, alla re-ingegnerizzazione dei prodotti, al ripensamento degli impianti produttivi e all’ibridazione delle macchine termiche, il tutto per assicurare la riduzione dell’impronta ambientale. Ciò potrà essere ottenuto, in particolare, promuovendo l’approvvigionamento diretto di energia elettrica rinnovabile in ambito industriale e garantendo un quadro di regole strutturalmente stabile per promuovere investimenti in tecnologie più sostenibili nei processi. Allo stesso tempo sarà necessario lo sviluppo di filiere industriali di produzione di componenti per le tecnologie green e la riforma dei sistemi elettrico e gas per agevolare lo sviluppo di impianti rinnovabili a mercato e di nuovi vettori, come l’idrogeno.

Contestualmente saranno necessarie misure volte a evitare la delocalizzazione industriale e promuovere la competitività del tessuto manifatturiero nazionale ed europeo. Fra queste politiche rientrano in particolare la revisione delle politiche europee sulla fiscalità dell’energia e la loro integrazione organica con ETS e il Carbon Border Adjustement, lo sviluppo di misure per il contenimento del costo dell’energia per i settori energy intensive e la compensazione finanziaria dei costi della CO2 indiretti e l’assegnazione di quote gratuite carbon leakage. Un importante apporto per la decarbonizzazione potrà derivare, infine, dai settori non ETS, in particolare edilizia e trasporti. Sicuramente potranno essere importanti la stabilizzazione delle politiche fiscali per l’efficienza energetica in ambito edilizio e lo sviluppo di politiche di offerta, domanda e infrastrutture nel campo della mobilità sostenibile.

L’altro grande driver di politica industriale in campo ambientale è rappresentato dall’economia circolare, su cui l’Italia, grazie alle sue imprese, ha da tempo saputo cogliere le opportunità di competitività legate all’implementazione di nuovi modelli di business improntati all’uso efficiente delle risorse. Questo è dimostrato dai numeri, non solo con riferimento alla gestione dei rifiuti industriali, ma anche per quel che riguarda la gestione efficiente delle materie prime. In linea con il dato relativo alla percentuale di 14,3% di materiale riciclato reimmesso nel sistema produttivo, maggiore rispetto alla media europea, siamo leader anche per quanto riguarda l’ottimizzazione nell’utilizzo della materia prima: per ogni kg di risorsa consumata si genera circa 3,4 euro di Pil, contro una media UE di 2,24 euro e un dato della Germania di 2,3 euro.

Il nostro Paese ha di recente recepito i contenuti del Pacchetto di Direttive in materia di economia circolare del 2018, ma le azioni di policy su questo tema non devono fermarsi al recepimento delle Direttive ma, anzi, sfruttarle come primo passo per continuare ad agire nella corretta direzione e definire una Strategia nazionale per l’economia circolare articolata lungo due linee direttrici.

La prima riguarda l’innalzamento della capacità impiantistica del Paese, dagli impianti di riciclo a quelli di recupero energetico. È importante che sul territorio sia possibile costruire o efficientare gli impianti esistenti affinché possano trattare e ottenere materie, prodotti o energia a partire da un rifiuto, anche promuovendo tecnologie più giovani e perciò meno diffuse o economicamente meno vantaggiose. Per dare l’idea delle potenzialità è sufficiente considerare che il solo aumento di un punto percentuale guadagnato dal flusso di materiale riciclato rispetto alle importazioni vale circa 10 miliardi di euro di risparmio per il Paese e le imprese e circa mezzo punto di PIL.

La seconda linea di intervento riguarda la domanda. È fondamentale prevedere l’incentivazione dell’innovazione e della domanda di prodotti derivanti da processi di economia circolare evitando, di contro, approcci restrittivi e puntivi nei confronti di determinati materiali e prodotti.

Gli obiettivi per la Transizione Energetica e l’Economia Circolare difficilmente potranno essere raggiunti senza l’abbattimento delle “barriere non tecnologiche”, da realizzare mediante interventi di semplificazione normativa e amministrativa degli iter di rilascio delle autorizzazioni, l’aumento delle competenze e qualifiche della PA e chiarimenti sulla gestione di alcuni istituti strategici ai fini dell’economia circolare, come ad esempio per i sottoprodotti. Tale aspetto, in linea generale, involge la necessità di una legislazione certa e stabile, necessità che si fa più urgente in un settore come quello della gestione dei rifiuti e delle infrastrutture energetiche, caratterizzati da elevato tecnicismo e numerosi adempimenti.

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