Riciclo rifiuti a rischio blocco a causa del virus. Servono nuove politiche industriali

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Riciclo rifiuti a rischio blocco a causa del virus. Servono nuove politiche industriali

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Alfredo De Girolamo
Le attività di riciclo dei rifiuti in Italia rischiano il blocco, a causa dell’emergenza Coronavirus. Dopo giorni di incertezza il Consorzio nazionale imballaggi (CONAI) e le Associazioni europee ed italiane dell’industria del riciclo (EuRIC e UNIRIMA) hanno scritto ufficialmente ad Istituzioni europee, Governo nazionale e Protezione civile, lanciando l’allarme.
Il blocco di molte attività economiche dovute all’emergenza sanitaria ha infatti determinato una crescente difficoltà per l’avvio a recupero di materiali provenienti dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani. Da un lato molte industrie del riciclo sono adesso chiuse e non ritirano materiali (metalli, legno, alcune plastiche), oppure hanno crescenti problemi logistici e di trasporto (carta). Per non parlare delle filiere che esportano riciclabili, ora che l’esportazione è bloccata.
Dall’altro il riciclo della plastica è bloccato dalla mancanza di sbocco degli scarti del riciclo (plasmix) negli impianti di trattamento (cementifici, inceneritori). Il problema quindi non sta in fase di raccolta. I gestori dell’igiene urbana stanno garantendo la raccolta differenziata dei rifiuti anche se con molte difficoltà. Il problema sta a valle, in alcune piattaforme di recupero vicine alla saturazione e nelle filiere industriali di riciclaggio, ormai quasi ferme.
Il problema è enorme. Paradossalmente proprio perché l’Italia è un Paese che ricicla moltissimo (il 50% dei rifiuti urbani e il 65% dei rifiuti speciali) l’effetto della crisi può essere drammatico sull’intero sistema di gestione dei rifiuti. Sorprende che di fronte a questo rischio potenziale il Ministero dell’Ambiente si sia solo limitato ad emanare una circolare, e a diffondere messaggi tranquillizzanti, in questa fase comunque utili, su come riciclare in casa in tempo di Coronavirus.
Il problema rischia di esplodere in questi giorni. L’Italia non ha impianti sufficienti per gestire tutti i rifiuti urbani come indifferenziati: non ha impianti di termovalorizzazione, che coprono solo il 18% del fabbisogno di smaltimento dei rifiuti urbani in totale, e ha poca capacità residua in discarica. Oggi di 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani totali, 17,5 vengono raccolti in forma differenziata e avviati a riciclo, 12,5 smaltiti.
E’ impossibile per il sistema Italia trattare 30 milioni di tonnellate in inceneritori e discariche, nemmeno per pochi mesi, senza misure straordinarie. Il CONAI ne ha chieste alcune: aumento della capacità di stoccaggio istantanea delle piattaforme, aumento delle capacità massime di termovalorizzazione degli impianti italiani (una quarantina, quasi tutti nel Nord), una semplificazione dell’acceso di materiali potenzialmente riciclabili alle discariche. Misure che possono dare fiato al sistema per qualche settimana, ma che non risolverebbero il problema se la crisi durerà due o tre mesi. L’industria del riciclo europea e nazionale chiede di poter beneficiare di aiuti di stato.
Non vale solo per gli imballaggi. Difficoltà di sbocco esistono anche per i rifiuti organici, gli ingombranti, i RAEE, i rifiuti speciali. Per adesso non ci sono segnali di rischio sul trattamento dei fanghi di depurazione ma potrebbero arrivare, mettendo a rischio anche il sistema industriale della depurazione.
Occorre quindi definire subito una unità di crisi nazionale sui rifiuti (tutti, urbani e speciali, a partire dagli ospedalieri) per definire e programmare le misure urgenti e necessarie, di intesa con le regioni. Il Ministero dell’Ambiente pare stia definendo un provvedimento orientato a consentire a Regioni e Comuni una maggiore flessibilità nell’aumentare la capacità di stoccaggio delle piattaforme e dei centri di raccolta comunali, e le capacità di trattamento di termovalorizzatori e discariche, attraverso l’adozione di ordinanze contingibili e urgenti regionali e locali.
Ma questa crisi deve farci riflettere su un problema generale che riguarda il settore rifiuti in particolare. Il sistema di gestione dei rifiuti in un Paese moderno non è solo un asset industriale ed ambientale. E’ un punto centrale della sicurezza nazionale, e lo si vede chiaramente in caso di crisi, qualsiasi crisi. Questo aspetto va inserito con forza nel dibattito corrente su come implementare la strategia di economia circolare.
Appare chiaro oggi che economia circolare vuol dire collocare sul mercato (globale e concorrenziale, per natura instabili) quote enormi di rifiuti, oltre due terzi. Ma al tempo stesso la raccolta ed il ritiro dei rifiuti è un servizio primario essenziale, sia verso i cittadini che verso le imprese. Non è interrompibile, neanche in situazioni di crisi.
Occorre quindi che le strategie nazionali e globali puntino a garantire al sistema nel suo complesso alti livelli di “sicurezza”, affiancando alle iniziative sulla qualità ambientale del sistema e sulla regolazione dei prezzi, anche misure per garantire la sicurezza del sistema e delle filiere. Un po’ come cerchiamo di fare nelle politiche energetiche dove i pilastri delle strategie nazionali sono tre: sicurezza, sostenibilità ambientale ed economica.
Per rendere sicuro e resiliente il sistema di gestione dei rifiuti occorre superare molti dei mantra ideologici di questi anni. Bene riciclare, ma occorrono paracaduti efficaci, proprio perché il riciclo è una attività di mercato che può avere delle oscillazioni. Ci vogliono politiche industriali per aumentare il tasso di riciclo nei prodotti e forse anche misure di garanzia nazionale nel caso che il mercato esterno si contragga (per il virus o per normali dinamiche economiche). Occorre flessibilità sugli stoccaggi.
Occorre una maggiore potenzialità degli impianti di termovalorizzazione (almeno il 30/35% contro l’attuale 18%) per far fronte alle emergenze. Occorre una politica più semplice sulle discariche. Insomma occorre una riserva strategica di impianti, pronta in caso di emergenza, e politiche di regolazione dei mercati del riciclo più efficaci. Insomma il riciclo non può essere un dovere morale o ideologico, ma il risultato di politiche di mercato e di regolazione pubblica. Anche gli obiettivi di riciclo devono tener conto di questo aspetto, e la pianificazione di impianti non può basarsi sulla illusione che tutti i rifiuti evaporino nel mercato dell’economia circolare mondiale.

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