Corriere Fiorentino
Rifiuti, acqua, gas: la riforma necessaria per il salto di qualità
di Alfredo De Girolamo*
Come sempre il professore Alessandro Petretto, nella sua riflessione sulle pagine del Corriere Fiorentino del 1 aprile, nel caos istituzionale che caratterizza questa fase della vita italiana, ha visto la luna e non il dito. Uno dei fattori di «inefficienza di sistema» del nostro Paese, messo chiaramente in risalto da una crisi globale come quella del Covid 19, è la nostra complessa architettura istituzionale. Un Paese con solo 60 milioni di abitanti i cui poteri sono articolati fra Ue, Stato (con 20 ministeri e molte Agenzie), 20 regioni, 100 province e città metropolitane. 8.000 comuni, in alcuni casi circoscrizioni o municipi, cui aggiungere le comunità montane. Inevitabile il caos, con la conseguente incertezza della catena di comando. Una simile architettura fa oscillare il Paese fra pulsioni centraliste e localismi esasperati, senza un punto di equilibrio stabile. Nel campo dei servizi pubblici locali negli ultimi anni abbiamo registrato una politica ondivaga. Si sono introdotti gli «ambiti territoriali ottimali» (acqua, rifiuti, gas), ma il percorso è rimasto a metà strada. Nel settore idrico da Roma in giù la frammentazione è ancora grandissima, molte le gestioni in economia, strutturali i ritardi nella applicazione dei metodi tariffari di «Arera». Nel settore dei rifiuti urbani molte regioni non hanno nemmeno provveduto a delimitare in modo concreto le Ato, le gare di ambito di fatto si contano sulle dita di una mano (di cui 2 in Toscana). L’affidamento del servizio di distribuzione del gas (decreto Letta) è oggetto di rinvii da 21 anni. Nei trasporti abbiamo avuto la stessa schizofrenia. Da un lato una Regione come la Toscana che bandisce una gara a lotto unico regionale (3,6 milioni di abitanti), pochi anni dopo l’Autorità di Regolazione dei Trasporti e l’Antitrust dichiarano «troppo grande» il bacino regionale del Molise, imponendo lo spacchettamento. Una follia. Per non parlare dei tantissimi servizi locali (parcheggi, illuminazione, cultura, socio assistenziale) per cui non esiste alcun livello minimo di scala. Con rare eccezioni le autorità locali sono divise per settori: in Toscana abbiamo un’unica Autorità per l’acqua (Ait) e tre Ato per i rifiuti. Da anni si discute di concentrare tutto in un unico regolatore locale, ma per adesso il percorso di riforma è fermo a causa dei localismi.
Fortunatamente in Italia abbiamo varato Autorità nazionali indipendenti nei vari settori dei servizi pubblici locali, fatto importante per le politiche industriali, la qualità dei servizi, gli investimenti. Ma è stata una riforma difficile, basta guardare le reazioni ancora molto contrariate dei comuni per il passaggio della regolazione della Tari ad Arera. Fra le riforme istituzionali da fare ci metterei anche questa. Un chiarimento puntuale sulle dimensioni minime di tutti i servizi pubblici locali, e un’agenda di realizzazione rapida delle Autorità locali di regolazione, incentivando integrazione dei servizi e dimensioni almeno regionali delle autorità locali.
Anche sul lato offerta occorrerebbe una politica industriale nazionale forte, sorretta da stimoli ed incentivi non solo economici. Per esempio andrebbe riaperta la finestra per quotare in Borsa le aziende mantenendo gli affidamenti per un certo periodo. Il caso del progetto multiutility dell’area fiorentina va in questo senso. Solo sistemi industriali forti nel campo dei servizi pubblici locali possono dare slanci alla ripresa economica post pandemia. Una scelta strategica che dovrebbe essere al centro dell’agenda politica.
*Presidente di Confservizi Cispel Toscana