Tari, regolamenti da rifare con l’assimilazione per legge

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Tari, regolamenti da rifare con l’assimilazione per legge

Il Sole 24 Ore

I NODI DELLA RIPRESA LE ENTRATE LOCALI

Tari, regolamenti da rifare con l’assimilazione per legge

Il decreto sull’economia circolare cancella i rifiuti speciali equiparati agli urbani

Discipline locali da rivedere su agevolazioni, magazzini e aree di produzione

Pasquale Mirto

Dal 1° gennaio 2021 cambia la definizione di rifiuto urbano ed è soppressa la categoria dei rifiuti speciali assimilati agli urbani.

Le novità hanno un immediato riflesso sulla Tari, la cui disciplina dovrebbe essere aggiornata dal legislatore, per evitare interpretazioni evolutive, sistematiche, di buon senso, eccetera, che però inevitabilmente portano contribuenti e Comuni davanti al giudice tributario.

Ai Comuni spetterà di modificare anche i regolamenti comunali, non solo per sopprimere le norme sull’assimilazione, che sarà solo per qualità e non più anche per quantità, ma anche per rivedere tutte le riduzioni e agevolazioni concesse per chi avvia al riciclo rifiuti speciali assimilati.

In particolare, occorrerà intervenire sulle riduzioni previste dal comma 649 della legge 147/2013, la quale prevede che il Comune nel proprio regolamento deve disciplinare la riduzione della quota variabile della Tari «proporzionale» alla quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al «riciclo». Inoltre, il medesimo comma prevede che nel regolamento comunale debbano essere individuate le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all’esercizio di queste attività produttive, ai quali si estende il divieto di assimilazione.

Si tratta di due ambiti normalmente conflittuali, e non sempre bene regolamentati.

Per quanto riguarda le riduzioni per i rifiuti speciali assimilati, non tutti i Comuni hanno riconosciuto una riduzione proporzionale (che quindi può portare all’azzeramento della quota variabile), ma molti hanno previsto dei tetti massimi, di norma inferiori al 50% della tariffa. Dal 2021, come anticipato, la categoria dei rifiuti assimilati sarà sostituita dalla categoria dei rifiuti urbani prodotti dalle imprese, ad eccezione delle industrie. Si tratta di un’assimilazione per legge dei rifiuti indicati nell’allegato L-quater. Inoltre, il nuovo comma 2-bis dell’articolo 198 del Testo unico ambientale prevede la possibilità per le utenze non domestiche di conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani, previa dimostrazione di averli avviati al «recupero». Apparentemente questa nuova disposizione può risultare sostitutiva della riduzione prevista dal comma 649, ma in realtà ci sono delle differenze. La prima è che il comma 649 prevede l’avvio al riciclo, mentre il Tua prevede l’avvio al recupero. Inoltre, il Dlgs 160/2020 non precisa che cosa comporta il mancato conferimento al servizio pubblico dei rifiuti urbani delle imprese: l’esonero totale o solo della parte variabile della tariffa? Probabilmente la modifica all’articolo 238 del Tua, che disciplina la Tia 2, apparentemente inutile, è servita a fornire indicazioni indirette, visto che lì è prevista l’esclusione della sola componente variabile.

L’altra modifica riguarda i magazzini. La lettura del comma 649 ha visto contrapposti Comuni, Mef e contribuenti. La norma, finora, è servita a detassare parti di magazzino, quelle connesse alle zone di produzione, che invece avrebbero dovuto essere assoggettate, in quanto il magazzino non è zona di produzione, e quindi per definizione non è produttiva di rifiuti speciali non assimilabili (Cassazione 1486/2020). Pare evidente che nei magazzini si producono rifiuti che rientrano nell’allegato L-quater, e quindi rifiuti urbani, che però potranno non essere conferiti al pubblico servizio. I magazzini delle industrie sono, invece, automaticamente fuori dalla Tari, visto che le industrie producono solo rifiuti speciali.

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