Ecoballe in mare riprese le ricerche «Entro giugno saranno ripescate»

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Ecoballe in mare riprese le ricerche «Entro giugno saranno ripescate»

Il Tirreno, Cronaca di Piombino-Elba

Il contrammiraglio Caligiore sul posto a seguire le operazioni
Stimato il costo dell’intervento: serviranno 2 milioni di euro

Manolo Morandini
PIOMBINO. «A giugno verranno ripescate». La previsione è del contrammiraglio Aurelio Caligiore, capo del Reparto ambientale marino delle Capitanerie di porto (Ram). Il riferimento è alle ecoballe che da luglio 2015 sono sul fondale del golfo fdi Follonica, a una distanza dalle coste tra i 7 e gli 8 chilometri. E ha il valore di un impegno – al netto dei passaggi formali per modificare la sua nomina a commissario straordinario del governo – per il recupero dei 63. 000 chili di plastica di vario genere dispersi dal cargo IVY nel braccio di mare che separa Piombino dall’Elba, nel Santuario dei cetacei Pelagos. «Ho deciso di andare avanti, la tutela dell’ambiente marino è troppo importante per essere sacrificata a un mero formalismo». La riprova che alle parole seguono i fatti sono le verifiche sul fondale iniziate a metà ottobre e riprese il 15 febbraio approfittando della clemenza del meteo. Si cercano 41 ecoballe: blocchi di grosse dimensioni in cui sono compattati quei rifiuti a base di materie plastiche, ridotte in pezzi che vengono aggregati in grandi blocchi assicurati da reggette metalliche e strati di pellicola plastica. Ciascuno pesa 1. 300 chili. Dal carico disperso devono essere tolte le ecoballe recuperate in questi anni. Quindici in tutto. Finite nel sacco di pescherecci o spiaggiate dalle correnti marine. I due punti di virata del cargo IVY sono quelli in cui i militari del 5º Nucleo subacquei della Guardia costiera di Genova, a cui è affidato il compito di cercarle, hanno registrato 44 posizioni a cui potrebbe corrispondere il carico disperso. Tutti punti sulla carta nautica che stanno verificando uno per uno con il remote operative vehicle che consente di aggiungere alle coordinate geografiche la profondità a cui l’ecoballa si trova e indicazioni chiare dello stato di conservazione, con riprese video in alta definizione. Il programma è serrato. Dai 44 obiettivi da verificare già 12 hanno trovato conferma. Ed entro oggi, salvo intoppi, si dovrebbero completare le verifiche. Dopo potrà essere affidato l’incarico per il recupero, che stando alle previsioni potrebbe avvenire verso giugno e risolversi in una decina di giorni. Operazione che a spanne è stimata costerà allo Stato circa 2 milioni di euro, smaltimento compreso in discarica. L’Authority contesta la nomina di Caligiore. Il titolare di carica di governo – qual è quella di commissario straordinario incaricato con decreto del Presidente della Repubblica ndr – nello svolgimento del proprio incarico, non può esercitare qualsiasi tipo di impiego o lavoro pubblico. Da qui l’apertura del procedimento. La soluzione però sarebbe stata trovata. Si tratta di districarsi tra passaggi burocratici per definire una nuova nomina con delibera della presidenza del Consiglio dei ministri. A certificare la bomba ecologica, innescata in mare da luglio 2015, però non basta il buonsenso. Servono il coinvolgimento delle strutture Arpat e della Protezione civile nazionale e toscana. Caligiore opererà con poteri straordinari d’urgenza, in ragione del rischio incombente per l’ecosistema marino e i possibili affioramenti in superficie di ecoballe com’è accaduto in passato. Tradotto tempi rapidi e nessun obbligo di fare un bando di gara europeo. Due le motovedette impegnate nelle operazioni a mare dalla mattina del 15 febbraio. Una con una squadra che raggiunge i bersagli da verificare e segna i punti con delle boe ancorate sul fondo. E l’altra con a bordo la strumentazione che consente di comandare il remote operative vehicle, che ogni volta deve essere calato sul fondo a meno 50 metri e poi riportato a bordo. Lavoro di braccia e da esperti marinai. In cui contano la perizia nelle manovre e l’esperienza. Il contrammiraglio Caligiore ha bussato anche alla porta dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. «Ho preso contatti per richiedere il monitoraggio della colonna d’acqua e dei sedimenti – dice – sia in questa fase che durante il recupero e dopo la rimozione per verificare se le microplastiche si associano ad altri ecosistemi. Saranno i tecnici a stabilire la durata del monitoraggio necessario a escludere anche potenziali rischi per la filiera del pesce».

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