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Miasmi dal compost nei campi Pioggia di proteste a Manciano

Il Tirreno
Il comitato Beni Comuni chiede lumi e controlli: «Giusto usare così gli scarti ma la puzza nuoce agli
agriturismi. E c’è il rischio di inquinanti accidentali»

Francesca Ferri / Manciano
Non solo a Grosseto. Anche su Manciano, e il particolare nella zona del Pelagone, aleggia aria irrespirabile
per i cattivi odori provocati dallo spandimento, nei campi, del compost, derivato dalla lavorazione e dal
trattamento di rifiuti organici. Decine di telefonate sono arrivate in questi giorni da cittadini e titolari di
agriturismi all’indirizzo dei carabinieri del nucleo forestale, per segnalare miasmi e fortissimi disagi. Un
«puzzo nauseabondo non di stallatico ma di fogna scoperchiata», dice il comitato Beni Comuni di Manciano,
che ha raccolto e rilancia il malcontento dei residenti circostanti «ma anche (di) quelli lontani chilometri»,
prosegue il comitato, «sottoposti a un grave disagio, costretti in casa a finestre serrate, assediati anche da
un abnorme incremento di mosche». I carabinieri del nucleo forestale hanno compiuto diversi sopralluoghi.
Secondo il comitato Beni Comuni il compost sarebbe quello prodotto dall’impianto della Sangiorgio
Agricoltura di Sorano srl. «Riteniamo che lo smaltimento dei rifiuti organici compostati e disidratati, siano essi
originati dalla depurazione fognaria o agroalimentare, sia un indispensabile passaggio della gestione
circolare dei rifiuti che la nostra società non può più esimersi dal praticare e i campi coltivati sono la loro
logica destinazione, visto che solo qui questi si trasformano da rifiuto in risorsa», dice a nome del comitato
Andrea Marciani. «Ciò detto però, ci sono alcuni aspetti della questione che vanno considerati
attentamente». Il primo aspetto riguarda la presenza di tanti agriturismi, che sono una fonte di reddito di
primo piano per la campagna. E che in questo periodo in particolare ospitano turisti. Spandere compost
nauseabondo nei campi ora «può nuocere gravemente al comparto, mettendo in fuga gli ospiti», soprattutto
se lo si fa in estate, dice Beni Comuni. Il secondo aspetto riguarda la possibile presenza di inquinanti che,
nella lunga catena del riciclo, possono finire nel compost. Qui Marciani fa una riflessione generale: «Il
materiale – dice – è accompagnato da una documentazione che ne certifica l’idoneità all’uso agricolo, ma
sappiamo bene che nella catena del riciclo possono incappare molti inquinanti come antibiotici, detersivi o
metalli pesanti. E bisogna considerare che per le partite di compost contaminate, e quindi non idonee allo
smaltimento agricolo, rimane solo la via della discarica, con costi che possono andare dai 120 ai 400 euro
per tonnellata. Le ditte che si occupano dell’intermediazione tra i depuratori industriali e i contadini non fanno
pagare il compost e offrono, a titolo gratuito, il trasporto e lo spandimento sui campi di ingentissime quantità
di questo (si parla di 100 tonnellate per ettaro). È evidente che, per chi deve smaltire, l’accidentale presenza
di un inquinante nel lotto rappresenta un costo aggiuntivo di diverse migliaia di euro e questo potrebbe
indurre a non andare tanto per il sottile, tanto più che il contadino che riceve il materiale nei suoi campi non
ha alcuno strumento per accertare la veridicità dei certificati accompagnatori». Da qui le richieste del
comitato Beni Comuni. «Riteniamo – dice Marciani – che, a tutela del benessere e della salute dei residenti,
della salvaguardia delle falde idriche e dei terreni coltivabili, le autorità sanitarie preposte dovrebbero
effettuare analisi puntuali per verificare il rispetto delle norme di legge (o la conservazione, in attesa di future
verifiche Arpat, da parte dei due soggetti interessati, di un doppio archivio di campioni relativi a ciascun
lotto)». Altra richiesta è prevedere che questo genere di lavori venga effettuato solo in presemina autunnale,
non d’estate. E ancora che il compost venga immediatamente interrato e, come prescrive il Testo unico
sull’ambiente, l’operazione sia effettuata a mezzo di vomere «e non con il frangizolle che invece di seppellire,
sminuzza il materiale esaltandone il puzzo». Infine, che vengano rispettate le fasce di protezione previste, in
corrispondenza di corsi d’acqua, abitazioni e proprietà altrui».

 

Municipale, telecamere e segnalazioni dei cittadini hanno permesso

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