La Nazione, Cronaca di Grosseto
Luca Mantiglioni
Ci deve essere una diversa interpretazione dell’aggettivo «urgente» a seconda che si usi nel parlare comune oppure che sia inserito nel dialogo della burocrazia. Nel primo caso siamo portati a pensare che una cosa urgente sia quella che richieda una pronta soluzione, nel secondo – invece – questo concetto di fretta pare diluirsi con una velocità direttamente proporzionale al numero delle scrivanie sulle quali la cosa urgente è costretta a passare per cercare di trovare la soluzione. Ecco, la storia delle ecoballe cadute dalla motonave «Ivy» e lasciate parcheggiate per cinque anni in fondo al mare sembra dire proprio questo.
Sì, perché questo è accaduto: per cinque anni sono stati tutti lì a dire che quelle tonnellate di plastica andavano rimosse immediatamente. Ora speriamo sia la volta buona. Borrelli, che abbiamo intervistato, dice che adesso le cose andranno spedite. Ma allora perché ci sono voluti cinque anni? Borrelli dà una spiegazione, che abbiamo riportato. Però, a noi preme sottolineare un paio di cose. La prima: a volte – ma magari è un caso – sotto elezioni certe pratiche trovano un’improvvisa discesa che conduce al traguardo. La seconda: a volte può accadere che la pressione messa dalla stampa rischi di agitare troppo le acque e quindi – magari è un caso anche questo – si scopre un’altra discesa. Noi, iniziando con il Forum che il 18 giugno organizzammo in redazione, ci abbiamo provato. E se adesso ci sarà un nuovo intoppo, vorrà dire che riscriveremo la storia delle ecoballe: «Ventimila beghe sotti i mari».
i fatti
Un «mostro» in fondo al mare
Tonnellate di plastica nel Parco dell’Arcipelago da cinque anni
Il disastro Il 23 luglio 2015 la motonave «Ivy» battente bandiera turca perde in mare 56 balle di rifiuti in plastica, quaranta di queste sono ancora sui fondali. Le altre sedici, invece, nel corso degli anni o sono riemerse da sole o sono rimaste nelle reti dei pescherecci